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Il Quarto Natale della città di Terni

Quando negli anni ’90 scrissi la guida di Terni e del Ternano, per fornire l’immagine della città, feci tre titolazioni che ritenevo emblematiche della sua identità:

TERNI CITTÀ DELL’ACCIAIO, TERNI CITTÀ DELL’AMORE, TERNI CITTÀ DEL FUTURO.

Con la prima mi riferivo alla rivoluzione industriale della seconda metà dell’800 che cambiò radicalmente il volto economico, sociale, urbanistico, demografico e anche culturale determinando una cesura profonda con il passato e ponendo le basi dello sviluppo della città moderna.

Con Terni città dell’Amore parlavo di san Valentino, precisando che “Il culto di san Valentino ha fatto di Terni il centro propulsore di un messaggio d’amore e di solidarietà rivolto a tutto il mondo e teso alla riscoperta dei valori eterni dell’uomo”.

Con Terni città del Futuro indicavo quell’insieme di istituti (Icsim, Isrim, Videocentro, Bibliomediateca, Parco tecnologico) sorti con l’intento di proiettare la città nel terziario avanzato e “nei settori dell’alta tecnologia e delle comunicazioni mass-mediali”.

A distanza di anni mi sono chiesta se queste definizioni di Terni siano ancora valide, che cosa sia cambiato e che cosa dovrebbe cambiare. Ho riflettuto in particolare su quella città del futuro che aveva alimentato speranze e progetti che nel tempo si sono affievoliti fino a spegnersi definitivamente. Alla luce di questo consideriamo la storia e l’immagine di Terni individuando quattro “Natali di Terni”.

Il 1° Natale si riferisce alla nascita di quel nucleo lungo le sponde del Nera che divenne la romana Interamna Nahars e si sviluppò nei secoli successivi rimanendo pressoché invariato entro le mura fino a metà dell’800.

Il 2° Natale riguarda la fase dell’industrializzazione.

Il 3° Natale attiene allo sviluppo della città moderna, risorta dopo le lacerazioni urbane provocate dai bombardamenti della 2^ guerra mondiale e sanate grazie alla ricostruzione degli architetti Ridolfi e Frankl che hanno reso Terni una “città d’autore”. Negli anni successivi ingegneri e architetti hanno abbellito Terni e hanno valorizzato il suo patrimonio riutilizzando fabbriche in disuso: valga per tutti l’esempio dell’ex Siri oggi sede di musei e centro culturale polivalente.

Il 4° Natale è quello che ora attendiamo, quello che deve portare Terni verso una nuova identità risorta dalle ceneri e dalla decadenza in cui la città si è trovata a vivere in questi ultimi anni.

Infatti sono successe alcune cose importanti.
Innanzi tutto la deindustrializzazione dell’area ternana -particolarmente accentuata nell’ultimo ventennio- che ha provocato problemi economici e sociali di notevole entità.

Il boom industriale che aveva alimentato aspettative di crescita si è inceppato; la città industriale si è trovata a fare i conti con una realtà diversa, in quanto ha perso gradatamente la connotazione di città operaia che per decenni l’aveva caratterizzata.

Sulla città operaia c’è da fare una considerazione: proprio l’attenzione data per tanto tempo esclusivamente a questa identità che riguardava larghi strati della popolazione, ha condizionato e, direi, fatto passare in seconda linea, altre potenzialità e tante eccellenze di cui Terni era ed è ricca. Inoltre l’immagine egemone della città dell’Acciaio ha fagocitato quella dell’Amore: lo dimostra il fatto che per anni i tentativi effettuati per valorizzare la figura di san Valentino non sono riusciti a proiettare nel mondo l’immagine della città del Santo facendola divenire fulcro di richiamo turistico e culturale.

Forse perché non si è avuta la forza o la volontà di pensare in grande, ma soprattutto perché era connaturata nel cittadino ternano la convinzione che tutta la ricchezza si dovesse basare sull’industria, senza capire la portata economica che avrebbe avuto lo sviluppo di eventi legati al Santo.

E allora cosa fare perché Terni abbia il suo 4° Natale? Cosa fare per rispondere a questa richiesta sempre più pressante nella cittadinanza, di rinnovamento, di rinascita culturale, di ricerca di una nuova identità, che la rilanci sul mercato nazionale ed estero, divenendo, per le sue peculiarità, meta del turismo?

In precedenti articoli ho ricordato come i cardini su cui può basarsi l’opportunità di crescita della città e del territorio siano la valorizzazione della sua storia, del suo paesaggio, della sua cultura, delle sue tradizioni e delle sue eccellenze: un patrimonio che spesso, per le sue caratteristiche, colloca Terni tra i siti più importanti in Italia e in Europa.

Per questo dobbiamo costruire pacchetti turistici attrattivi (di due, tre, cinque, sette giorni) che pongano al centro la Cascata delle Marmore e san Valentino, indubbiamente i punti più conosciuti a livello internazionale. In questo vanno convogliate le altre eccellenze: Carsulae, il polo museale (Pinacoteca e Museo Archeologico), il Museo delle Armi: una collezione eccezionale per quantità e qualità dei manufatti. Inoltre le bellezze paesaggistiche del territorio: da Piediluco alla Valnerina ai tanti borghi con il loro patrimonio artistico e storico.

Aggiungo, non ultima, l’offerta gastronomica che non può prescindere dalla conoscenza di prodotti locali e piatti che sono parte integrante della cultura del territorio e che oggi arricchiscono qualsiasi tour turistico.
Non solo monumenti e musei, quindi, ma itinerari naturalistici, sport, eventi musicali e teatrali, gastronomia.

Terni e il suo territorio possono offrire tutto questo.

Allora mi chiedo: a parte il crescente flusso turistico che riguarda la Cascata delle Marmore, che cosa non funziona se non si riesce a superare il problema del cosiddetto “turismo di transito” che caratterizza il nostro territorio?
Ritengo che per rendere attrattivi i pacchetti turistici già organizzati e distribuiti sul mercato, sia necessario saper creare uno o più grandi eventi che polarizzino l’attenzione sulla città a livello internazionale. La valorizzazione di san Valentino è naturalmente prioritaria.

Penso però anche a una mostra e un auspicato Museo della Cartolina di Virgilio Alterocca, l’imprenditore che con le sue cartoline artistiche ha per primo fatto conoscere Terni nel mondo.

Penso ai siti di archeologia industriale: fabbriche e macchinari concepiti come un museo storico-didattico e anche come testimonianze d’arte.

Penso alla riscoperta e alla rivalorizzazione di quel paesaggio descritto e cantato dai viaggiatori del Grand Tour che potrebbe avvenire tramite grandi kermesse artistiche sulla scia dei pleinairisti e degli scrittori che un tempo amarono queste territorio.

Sarebbe poi opportuno che anche noi cittadini amassimo di più la nostra Terni.

Loretta Santini

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