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Una nube nera sulla valle incantata

“La valle tra Narni e Terni è lo spettacolo più bello che si possa immaginare. Il Nera vi serpeggia con le sue curve, i cespugli qua e là la fanno assomigliare a un grande giardino racchiuso tutt’intorno dalle montagne”.   Così scriveva lo scrittore tedesco Johann Jacob Volkmann (1732-1803).

Johann Gottfried Seume (1763-1810)  in “L’Italia a piedi” afferma: Ti confesso che mi si aprì il cuore quando, alcune miglia italiane prima di Terni, la valle ridiventò più larga, mi si offrì una vista più ampia e vidi sotto di me belli e pacifici oliveti, fra i quali verdeggiavano giovani campi di grano. Si aprì davanti agli occhi il paradiso“. Già nel XVI sec. Cipriano Piccolpasso (1524-1579) la definiva
“Un vago giardino”.

Queste solo alcune delle parole con cui descrivevano la piana di Terni, la valle incantata, i poeti, gli scrittori, i pittori che furono i viaggiatori del Grand Tour. 

Anche gli antichi scrittori ne cantarono la bellezza e la fertilità del suolo: scriveva Plinio il Vecchio (23-79) “… fecundissimos Italiae campos…” (campi molto fertili) e Tacito (55-58/117-120) affermava “Ager Interamnes feracissimus olea est in montanis et collibus, in planitia autem fecundissimos habet campos” (il territorio di Interamna è molto produttivo di olio sui monti e in collina; in pianura invece ha fertilissimi campi). Fertilità confermata poi dagli stessi viaggiatori del Grand Tour.

Che ne è stato di questa valle incantata?

L’aria di Terni da tempo è maleodorante e irrespirabile: fattori inquinanti e patogeni (polveri sottili, monossido di carbonio, diossina, metalli pesanti) derivati dalle emissioni delle industrie e degli inceneritori a cui si aggiungono quelli derivati dal riscaldamento e dal traffico, sforano spesso i limiti consentiti, tanto che la città, come dimostrato dai dati statistici di Mal’Aria, report annuale di Legambiente, è ormai ai livelli dei grandi agglomerati industriali del Nord.

Alla situazione già così degradata si è aggiunto un fatto nuovo. Infatti un grosso incendio si è sviluppato nell’area di Maratta presso la Ferrocart, l’azienda creata nel 1987 per il recupero e il riciclo di materiali con l’intento di minimizzare i residui della discarica. A causa di questo una densa nube nera visibile a chilometri di distanza si è innalzata nel cielo di Terni. Un odore acre e irrespirabile si è espanso su tutta la vallata.

Un evento non nuovo: un altro incendio si era verificato nell’aprile del 2020 nell’impianto dell’ASM per il trattamento dell’indifferenziato. Un altro ancora nell’agosto 2021 al centro di selezione e smistamento dei rifiuti di ASM a Maratta, nell’area dell’ex inceneritore.

Terni non aveva proprio bisogno di questo ulteriore inquinamento. 

Siamo in uno stato di sofferenza cronica con enormi ripercussioni sullo stato di salute dei cittadini, un problema questo enorme spesso purtroppo sottaciuto. Quando si aggiungono poi questi eventi straordinari -ma direi ormai divenuti frequenti- l’aria diventa ancor più ammorbata e maleodorante: siamo sulle soglie dell’inferno.

Eventi straordinari? 

Ma non imprevedibili e soprattutto evitabili solo con rigorosi e continui controlli. 

Maratta è il cuore di questa valle: quello che fu un “vago giardino”, una piana fertile e bella, è oggi divenuta un’area sviluppata e attiva grazie alla presenza di piccole e medie industrie e manifatture artigianali che hanno contribuito positivamente allo sviluppo dell’economia locale. In questa stessa area come un gigante di ferro fumante si innalza il complesso degli inceneritori con ciminiere che alitano nel cielo i residui della combustione dei rifiuti raccolti. Quel vago giardino non c’è più, è solo un ricordo lontano e nostalgico.

Di fronte a queste immagini la mente corre indietro: guardo la piana di Maratta, guardo Terni e vedo fumi minacciosi che si innalzano sul cielo ferendo l’aria. Allora ancora più prepotenti tornano in mente le descrizioni che gli antichi scrittori hanno fatto di questa vallata. 

Nostalgia? Certo.

Ma soprattutto mi sento ferita: provo rabbia, sconcerto, paura, sdegno.

Lo sdegno si deve tramutare nella coscienza dei cittadini e soprattutto degli amministratori nell’aspirazione a ritrovare quel “vago giardino”, a lottare e pretendere una città “vivibile”, dove sia bello passeggiare per le strade, godere del verde che era uno dei suoi fiori all’occhiello, respirare un’aria di nuovo pulita e ripulita; una città dove la qualità della vita torni ad essere la misura della quotidianità. Si può e si deve fare.

Al momento della stampa dell’articolo abbiamo assistito, purtroppo, ad un altro incendio nella nostra città.

Loretta Santini

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