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Manuale d’uso per cantar maggio

Tradizioni e curiosità

Un po’ di storia

Le origini del Cantamaggio ternano sono note: nel 1896 il poeta dialettale Furio Miselli, insieme agli amici Pietro Ronconi, Alessandro Turreni, Giuseppe Trinchi, formarono una “cumitìa” con la quale andarono in giro per le case portando un ramo fiorito e, accompagnati da rudimentali strumenti, cantando stornelli che inneggiavano alla natura e alla primavera. Nella città che andava cambiando a causa della rivoluzione industriale, si delineava il desiderio di ritornare agli antichi riti agresti e propiziatori della fertilità e della primavera.

È proprio il nuovo assetto economico della città profondamente mutato che influenza la festa che, nata come popolare e campestre, diviene poi urbana coinvolgendo fabbriche e commercianti. Tra le trasformazioni più evidenti c’è quella dei carri: a quelli tirati dai buoi e addobbati con frasche e fiori, si sostituiscono i carri motorizzati e riccamente addobbati provenienti dai rioni cittadini e anche dai paesi limitrofi (“dal tardo asinello si passò al camion, per guadagnar tempo nel giro campestre”). Molti hanno fatto una distinzione delle fasi di sviluppo del Cantamaggio: il Cantamaggio antico, vale a dire quello di Miselli, spontaneo e contadino; il Cantamaggio moderno, che si sviluppa dopo la 2^ guerra mondiale che introduce stornellate improvvisate in una lingua mista con il dialetto, nuovi strumenti musicali e soprattutto i carri costruiti sui camion; il Cantamaggio del cambiamento che, a partire dal 2000, si affida a nuove tecnologie e che, soprattutto, si apre alle nuove esigenze turistico-economiche.

Al pari di tante altre feste (ricordiamo il Calendimaggio di Assisi o i Pugnaloni di Allerona) il Cantamaggio ternano, sebbene arricchito di sfilate di carri, di cortei, di fiori e canti, di balli e poesie, di eventi culturali vari, rimane comunque una festa della tradizione e dell’identità cittadina; rimane un rito che esalta la primavera, la fertilità, la gioia di vivere con quel misto di nostalgia per la vita agreste spesso ritenuta quasi un eden di felicità. Naturalmente, come sempre, ci sono i detrattori del Cantamaggio e chi invece ne esalta l’importanza e la necessità di continuarne nella tradizione; chi propone trasformazioni radicali, chi vuole tornare a quello degli antichi riti di primavera; chi infine auspica un’interazione più stretta tra la città e il suo territorio mettendo in primo piano i rispetto dell’ambiente e della natura.

Dizionario del cantar maggio

Maggio: nella tradizione antica è il ramo fiorito o il tronco – in genere un pioppo – che veniva tagliato, privato delle fronde, addobbato in cima con un ramo di ciliegio e piantato in piazza.
Il nome Maggio secondo alcuni deriva dal latino Maja, la dea della primavera, madre di Mercurio. Per altri da Majus che, secondo Ovidio, avrebbe la sua origine nei majores, vale a dire gli anziani a cui era dedicato il mese. Altri ancora pensano a majus o major, il nome di Giove, il maggiore degli dei. Maio è inoltre il nome del maggiociondolo, il fiore tipico del Cantamaggio. Alla stessa radice appartengono i termini “maggese” che indica la parte di campo lasciata a riposo e, forse, “maiale” che è l’animale sacrificato alla dea Maia.

Maggiociondolo: chiamato anche maio, è un fiore con fiori gialli penduli simile alla ginestra; fiorisce a maggio.

Piantare il maggio: usanza di piantare rami o giovani alberi davanti alla casa dell’amata.

Albero di maggio: è l’albero della fertilità. Nella tradizione popolare esso rappresenta il fallo eretto.

“Armitti maggio”: espressione dialettale che invita a piantare il maggio, quindi a unirsi alla propria amata.

Cantamaggio: tradizionale sfilata di carri allegorici addobbati con il maggiociondolo per festeggiare la primavera: la festa è accompagnata da balli e canti per le vie cittadine. Si celebra a Terni e in molti altri paesi dell’Umbria.

Calendimaggio: primo giorno di maggio (dal latino Kalendae, primo giorno del mese).
È noto quello di Assisi caratterizzato da cortei storici, antiche rappresentazioni e una gara tra le due fazioni cittadine (Parte di Sopra e Parte di Sotto) per la conquista di un palio.

Maggiaioli – maggianti: coloro che portano il maggio, cioè il ramo fiorito.

Pugnaloni: sono i “pungoli”, le punte di ferro usate dai contadini per sollecitare i buoi.
Ad Allerona la Festa dei Pugnaloni è una sfilata di carri che riproducono scene di vita e di lavoro dei campi.
Sono sormontati dal caratteristico albero di pioppo ornato di nastri di vari colori.

Strumenti musicali: quelli tipici per accompagnare le stornellate erano il triccheballacche, il tamburello, lo scetavaiasse, il puti puti, l’organetto.

Stornelli: canzoni d’amore, spiritose e anche licenziose cantate dalle comitive di maggianti.

Cumitìa: sorta nel 1896 a Terni consisteva in un gruppo di 4 o 5 cantori che si recavano in giro per le case intonando stornelli e chiedendo come ricompensa uova, formaggio e dolci.
La festa di Beltane, il fuoco di Bel. Molti fanno risalire i riti del maggio a Beltane, la festa gaelica che si celebra il 1^ maggio. Festa dell’energia, della vita e dell’amore gioioso. I druidi accendevano dei grandi falò sui colli per la purificazione della natura. Beltane è anche il nome irlandese del mese di maggio.

Le dee della primavera

Flora: il nome della dea deriva dal latino “flos, floris”, fiore. È la dea della natura e della primavera, di origine italica e si riallaccia alle tradizioni campestri. Ovidio la associò alla greca Clori, la ninfa rapita da Zefiro e poi da lui sposata. Ogni anno a Roma in suo onore si celebravano i ludi Floreales, poi detti Floralia, che si tenevano tra il 28 di aprile e il 3 di maggio. Era consuetudine adornarsi il capo di ghirlande e il corpo di fiori, danzare nudi inneggiando alla natura che si risveglia. Tali danze divennero presto sfrenate e licenziose. Flora è raffigurata nell’arte insieme a Zefiro, un giovane alato che personifica il vento dolce della primavera.

Maia Antica dea della fecondità e del risveglio della primavera. Ogni 1^ maggio il dio Vulcano le offriva una scrofa gravida, in modo che anche la terra fosse gravida di frutti.

Venere È la greca Afrodite, dea dell’amore, della fertilità, quindi dea della primavera e dei fiori.

Loretta Santini

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