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Arraffare l’INFINITO

In ogni epoca e presso tutti i popoli del mondo, individui vari, ideatori di una metafisica alquanto tendenziosa e di una trascendenza squisitamente materialista, forti solo di primordiale ignoranza, nella loro lacerante smania di mostrarsi figli prediletti di un essere superiore e nel continuo assillo di apparire suoi servi devoti e legittimi depositari di tutti i suoi voleri (e di tutti i beni acquisiti), hanno generato una personalissima, ma necessaria (per loro), suggestione di infinito, fantasticando e confezionando una realtà tutta loro, altri mondi, altri parapiglia, altre vite, altri Olimpi.

Di queste illuminanti folgorazioni creative ce ne sono state decine di migliaia, nel corso della storia. Purtroppo, però, neanche una di queste immaginarie divinità ha resistito, nemmeno un solo secondo, alla morte del loro ultimo fedele: finito l’addetto al sacro, sparito, per sempre, il suo divino suggeritore! Nel crearsi il loro infinito hanno tracciato un tragitto abnorme, al limite del ridicolo. Hanno infatti definito, caratterizzato ed imposto quel loro infinito (come se potessero saperne davvero qualcosa, ometti ultrafiniti come sono stati) ed hanno stabilito, come regola per gli altri, i criteri per poterne e doverne far parte.

Avendo cioè come guida e come imperio solo i personali comportamenti e le proprie malattie (fisiche e mentali), hanno imposto il loro uzzolo agli altri, per cui un desso qualsiasi sarà di lì in poi definito probo o reprobo, fedele o infedele, pio o empio, sacro o sacrilego, beato o dannato, puro o impuro, paradisiaco o infernale a seconda dei ghiribizzi mentali di chi guida la pittoresca, ma sgangherata, danza. Ed hanno anche cercato di facilitare la nostra vita: fai come diciamo noi e starai bene, soprattutto non correrai il rischio di essere sgozzato o arso vivo da noi. Quindi: ama come diciamo noi, chi diciamo noi, quando diciamo noi. Tu non hai niente: corpo, anima, volontà, tutto dipende da noi. Tu non sei tuo… sei nostro, sei del nostro buonissimo e santissimo dio!

A pensarci bene il fatto che questi dessi siano andati dicendo di sapere cosa vuole il loro dio, dichiarando quindi che hanno rapporti proprio con lui (in quale luogo, poi, costituirà sempre un mistero) è la cosa più inverosimile che si possa immaginare. Un dio che parla con loro! È proprio troppo! Purtroppo, però, ancor oggi il cultore di privilegi è sempre vigile in attesa di cogliere l’occasione di tornare totalmente a galla per poter, di nuovo, incatenare vigliaccamente gli uomini nati liberi e mentalmente sani!

Per arraffare l’infinito la procedura è sempre andata dal generale al particolare, senza essere in possesso di conoscenze o prove, come è ovvio, proprio del generale, dell’infinito cioè. Solo invenzioni, suggestioni. Come se l’uomo avesse potuto, mangiar patate, sì, ma solo dopo aver studiato tutta la botanica; giocare con gli amici, sì, ma solo dopo aver analizzato e conosciuto l’intera umanità!

Risulta invece, a qualche uomo perverso come me, che prima vengono le cipolle, poi viene il loro studio, prima vengono i compagni di gioco, poi viene, per chi ne è in grado, lo studio humanitatis, che si coniuga poi stupendamente con l’analisi logico-matematica.

La scienza, come sappiamo tutti, è metodologicamente atea (il significato della parola atea è: senza fine precostituito), quindi non agisce in vista della dimostrazione di uno scopo prestabilito (come vorrebbero alcuni metafisici, alcuni mistici e tutte le fattucchiere), ma, attraverso il suo unico linguaggio, la matematica, dimostra ampiamente che è dalla conoscenza del particolare, dell’oggetto noto, che nasce e si sviluppa la conoscenza più ampia, generale, di tutte le strutture all’oggetto collegato.

La matematica ha, tra i suoi motori, la generalizzazione e l’astrazione, categorie ben serie rispetto alle amenità di chi ha giocato solo con l’astruso. In parole povere, partendo dagli elementi (o oggetti) più semplici possibili, visibili da tutti, la matematica dimostra e illustra con precisione concetti di livello altissimo, come quello di infinito, ad esempio. In merito agli studi scientifici sull’infinito, sulla scia di uomini che hanno rivolto il proprio sapere al bene dell’umanità e non a se stessi o a regalare bubbole, matematici cioè come Democrito, Eudosso, Archimede, Eratostene, Torricelli, Cavalieri, Galilei, Weierstrass, Dedekind (per citarne solo alcuni), un formidabile, basilare quesito se lo pose Georg Cantor (1845-1918): Un quadrato ha tanti punti quanti il suo lato? ed anche, per una dimostrazione più adatta alla scrittura che al disegno: Ci sono più elementi (numeri in questo caso) nell’insieme dei Naturali (1, 2, 3, 4, 5, 6, …) o in quello dei Pari (2, 4, 6, …)?

Quesiti semplici, comprensibili da tutti (… quasi tutti!), una discussione basata su fatti ed elementi conosciutissimi che, attraverso loro, porta senza forzature e inganni a capire il concetto di infinito e a carpirne significati e conseguenze. L’insieme dei Naturali contiene tutti i numeri naturali, tanto i pari quanto i dispari, mentre l’insieme dei Pari è, come tutti sanno, privo dei numeri dispari. Dunque? Sembrerebbe che l’insieme N contenga più elementi dell’insieme P.  È così? A questo punto molti lettori intuiscono la risposta esatta e, poiché sono molte le idee chiarite, io interromperei volentieri il mio dire per dare a tutti il piacere, durante le vacanze estive, di scoprire da soli e di capire bene: sapere cioè tutto sui concetti base di infinito e smetterla di parlarne a vanvera. Un aiutino però può forse servire.

Il problema è semplicissimo, nessun bizantinismo, nessuna opera, proditoria, di obbedienza passiva ad un dogma imperante! Nessun: lei non sa chi sono io! Cantor ebbe a dire, inizialmente, di fronte alla soluzione perfetta, non contestabile né mai contestata: lo vedo, ma non ci credo! Infatti, ai vostri occhi apparirà senza ombra di dubbio che l’insieme dei numeri Naturali possegga una quantità di numeri (oggetti) superiore a quella dell’insieme dei Pari. Ma non è così! Se, abbandonando abitudini vetuste di pensiero, sarete in grado di risolvere l’arcano, che tanto misterioso non è, avrete in mano, potrete cioè toccare concetti di particolare e generale, di finito e di infinito, senza ricorrere a cose inventate e senza senso, scoprireste immediatamente che è infinito solo l’insieme che possa essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio, il quale, a sua volta, non può che essere infinito.

Un infinito genera quindi solo degli infiniti, mai dei finiti!  Puoi, adesso, in base alle incontestabili considerazioni dei grandi matematici, anche lasciarti andare a fantasticare di nuovo altri orizzonti, altri spazi, altri infiniti, altri dèi. Spero piaccia anche a te giocare con l’infinito, a fianco di Dedekind, di Borges e di tanti altri!

Un sistema S si chiama infinito se è equipotente ad una sua parte propria; nel caso opposto si chiama finito.  Richard Dedekind (1831-1916)

C’è un concetto che corrompe e altera tutti gli altri. Non parlo del Male, il cui limitato impero è l’Etica; parlo dell’Infinito.  Jorge Luis Borges (1899 – 1986)

Giampiero Raspetti

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