QUANDO BERNHARD GILLESSEN ENTRÒ NELLA PARTE DI UN PROFETA DELL’ APOCALISSE, IN PIAZZA DEL POPOLO A TERNI

Bernhard aveva 17 anni, giovane bellissimo e talentuoso e la stampa e televisione dell’epoca si interessarono a lui, dedicandogli servizi e interviste.

Una di queste la vidi anch’io. Passano i mesi e decisi di andare a Spoleto, durante il Festival dei Due Mondi. Ero sola e curiosa di vedere le mostre e gli spettacoli. Nel girovagare, mi accorgo di una bella mostra in una torre medievale, di fronte al Teatro Caio Melisso. Entro e mi fermo incantata a vedere questi quadri, per me strani, cercando di carpirne il significato. Era un’arte simbolica e andava osservata con attenzione. In una stanza vi era un giovane che si avvicina a me e mi chiede cosa ne pensassi di questo tipo di arte. Parlammo per oltre un’ora e solo alla fine vengo a sapere che mi trovavo proprio al cospetto di Gillessen. Il clima si era fatto talmente simpatico che vengo invitata a sedermi ad una tavola imbandita insieme a molte altre persone, tra cui la bella madre e il patrigno. Da quella sera cominciò una amicizia vera che è durata alcuni decenni.

Poco dopo la mamma morì improvvisamente e i due uomini si trasferirono a Trevi, all’ultimo piano di un palazzo antico nel centro della cittadina umbra. Sono andata molte volte in quella casa, prima, quando era ancora vivo il patrigno, dopo quando Bernhard era rimasto solo o, meglio, in compagnia di un cane randagio che si era portato a casa perché i suoi occhi lo guardavano come quelli di Adalbert, anzi, per lui, quel cane era una specie di reincarnazione del suo patrigno.

In quella casa ho assaporato la cultura tedesca, quella alta, fuori dal tempo e dallo spazio. Un sincretismo culturale difficile da trovare altrove. Il Medioevo imperava ovunque, nelle immagini tratte dalla Divina Commedia (ben 1000 opere!), in quelle ispirate dalle figure di San Francesco e di Federico II. In quella casa ho scoperto l’amore per la Letteratura e per il Teatro di Bernardo, il quale mi raccontò come sin da bambino si era cimentato nell’arte della recitazione.

In quel periodo mi occupavo di Teatro al Federico Cesi di Terni, quando ancora era Preside la grande Maria Paolucci. Avevamo visto in classe il film “l’Armata Brancaleone”. Mi venne in mente un’idea pazza. Perché non partecipare ad una proposta fatta alle scuole di dare un contributo in occasione di non ricordo quale evento? Ci saremmo travestiti da personaggi dell’Armata Brancaleone e avevo chiesto al mio amico Bernhard di partecipare entrando nella parte di Profeta dell’Apocalisse. Bernhard e i miei alunni si buttarono entusiasti in questa avventura.

Prendo un baule centenario, lo consegno ad un falegname che lo trasforma, con delle ruote e un buco nel tetto in un carretto simil-medievale. Dentro viene messo il mio alunno più piccolo ed esile, che aveva il compito di far sentire la sua voce sgraziata, uscendo fuori con la testina e si doveva occupare del mangiadischi che strombazzava la marcia mitica del film. Gillessen sarebbe venuto in treno e noi lo abbiamo aspettato in piazza, dove era posizionato un palco pronto ad ospitare i vari comizi delle elezioni che ci sarebbero state da lì a poco. La musica, con la sua marcetta e il gruppo sgangherato aveva incuriosito molte persone.


Arriva Gillessen, alto, capelli lunghi arruffati, tunica sdrucita. In pochi minuti si era trasformato in un Profeta dell’Apocalisse. Arringava la folla (si fa per dire) in modo convinto ed efficace. Agitava il corpo, le mani, le braccia, sudava e si muoveva su quel palco improvvisato. I miei alunni erano ipnotizzati, così come la gente che si era fermata. L’Apocalisse, Gillessen Bernhard, ne aveva fatto un suo Totem, l’aveva dipinta ovunque, nelle tele, nelle scatole, nelle tegole. Recitata, una sola volta, a Terni.

Anna Maria Bartolucci