Un percorso tra fuoco, acqua, luce e spiritualità
Così, all’improvviso, in un tempo che non è il suo, è arrivato un ricordo. La piazzetta di un rione, una catasta di legna (rami, tronchetti d’albero, fascine, ma anche sedie, piccoli tavoli)… e qualcuno che accende il fuoco.
È un falò, è un “gracchiare” di ramoscelli che si frantumano, è una danza di scintille di fuoco. È notte: tutti in strada, canti e balli, a guardare quel “focaraccio” che da luminoso, possente, vibrante, diventava lentamente soltanto cenere.
Il falò dell’Ascensione: fuoco come elemento sacro
Era la notte dell’Ascensione e doveva essere un tripudio di luci per accompagnare Gesù nella sua ascesa al cielo. Doveva il fumo del falò salire denso sempre più in alto per avvolgerlo e nasconderlo agli occhi degli apostoli.
Grande festa per i ragazzi che saltavano sopra le fiammelle per “bruciare il male” e “rinascere purificati”. Avveniva tra primavera ed estate, quando la campagna esplode e i frutti della terra sono una benedizione divina.
Il rito dell’acqua: fiori, erbe e purificazione
Il fuoco ha antiche radici pagane: è elemento di purificazione, di fertilità, così come l’acqua. Un ricordo ne richiama un altro: il rito dell’acqua che tutto purifica. Vasche, bagnarole colme di acqua e fiori ed erbe profumate considerate magiche come l’iperico, l’artemisia, la menta, la lavanda.
Tenute in acqua una intera notte, poi il bagno purificatore nel quale immergere i bambini perché fossero protetti dal male, dai demoni. È giugno, è il solstizio d’estate: acqua, sole, natura rappresentavano elementi sacri in età precristiana e fu così che non si persero nel tempo, ma trasmisero nella cultura popolare il loro profondo senso originario.
San Giovanni Battista: unione tra paganesimo e cristianesimo
È nel giorno dedicato a San Giovanni Battista che il mondo terreno e quello spirituale si fondono: rituali pagani e rito cristiano del Battesimo.
Rituali che svelano l’immenso bisogno dell’uomo di sentirsi protetto perché la millenaria esperienza umana ha inciso profondamente in lui, lo ha reso emotivamente fragile, impaurito dagli eventi futuri perché ignoti, non prevedibili, non controllabili.
Sincretismo religioso: un ponte tra culture
Rituali propiziatori che non era possibile abbandonare con l’avvento del cristianesimo, ma era possibile integrarli. Un chiaro esempio di sincretismo che accomuna cristianesimo con antichi culti pagani praticati nella cultura greco-romana, ma anche dagli etruschi, dai celti, da popoli del nord Europa.
La natività di Cristo e tutti gli avvenimenti che ruotano intorno ad essa, raccolti in un arco temporale che sembra annullare la fine di un anno e l’inizio di un altro, è l’esempio di un sincretismo religioso che racchiude in sé l’evoluzione culturale dell’umanità tutta.
Il Natale come rito universale
Il primo Cristo e il dopo Cristo dimostrano la capacità di inglobare elementi di culture diverse, amalgamare il profano con i Sacri Libri per perpetuarne l’essenza mistica.
Lo sfavillio di ornamenti di ogni genere, addobbi a cielo aperto, invita ad inoltrarsi nel sacro mondo della magia dove niente è reale, ma l’atmosfera che si crea proietta in una dimensione dove la spiritualità diventa palpabile.
Solstizio d’inverno: la luce contro l’oscurità
La festa ha bisogno di colori, di luci, di suoni, di vibrazioni che inondano l’aria per squarciare quel buio che l’uomo considera da sempre abitato da forze oscure.
Quando il solstizio d’inverno faceva il suo ingresso, nelle culture precristiane si prevedevano rituali per esorcizzare la paura dell’ignoto, la paura di una natura inaridita dal freddo. Celti, egizi, romani, babilonesi, popoli del nord, sotto paralleli diversi, ma tutti nutrivano lo stesso sgomento quando la natura sembrava fermarsi.
Simboli della rinascita
Nella luce delle candele, dei falò trovavano conforto e speranza, nel ceppo di Natale (tradizione nordica) si rinnovava il culto della famiglia unita in un periodo di fragilità emotiva. Un tronco di quercia o di pino, che doveva ardere dalla notte più lunga dell’anno per 12 giorni, diventava una preghiera luminosa per invocare il ritorno del sole, per allontanare gli spiriti maligni.
Dalla natura prendevano quello che essa poteva concedere durante l’inverno: alberi sempreverdi, vischio, agrifoglio ed il loro uso serviva ad esaltare la vita.
Vischio, agrifoglio e albero: simboli vivi ancora oggi
L’albero addobbato, luminoso era simbolo di speranza, di rinascita: continua a splendere nelle nostre case. L’agrifoglio, con le foglie sempreverdi e le bacche rosse, era associato a simboli femminili che proteggono, allontanano le tenebre.
Venne accolto dalla Chiesa che assegnò ad esso significati cristiani: le foglie rappresentano la corona di spine, le bacche rosse sono le gocce di sangue di Cristo, il sempreverde è simbolo di vita eterna, promessa da Cristo.
Il vischio era considerato sacro per i Druidi (sacerdoti dei Celti) perché lo si trova abbarbicato ai tronchi e sui rami di una quercia, senza toccare terra. Veniva raccolto con grande solennità durante la sesta notte di luna, con una falce d’oro facendo attenzione a non farlo cadere in terra perché avrebbe perduto quei poteri curativi e protettivi che gli attribuivano.
Appenderlo sulla porta serve ancora oggi a proteggere la casa e a portare fortuna.
Il passato vive nel presente
Il Natale di oggi è il risultato di un sincretismo culturale fatto di miti, superstizioni, folklore che hanno accompagnato attraverso il tempo il cammino millenario dell’uomo.
Il passato non muore, ma vive nell’eterno presente, è testimone di straordinari eventi che hanno trasformato, ampliato, ma anche conservato ogni momento, ogni passo di un lungo percorso che l’uomo ha fatto alla ricerca di sé stesso.
Sandra Raspetti