La ragione bellica: perché la pace deve essere il punto di partenza
Recentemente è stato pubblicato un interessante saggio che smonta il mito della guerra come evento inevitabile, ribaltando la visione tradizionale del realismo politico, secondo cui il conflitto è un fatto naturale.
Guerra o pace: due opzioni politiche, non destini inevitabili
I conflitti non sono la norma ma l’interruzione della pace. Quest’ultima non deve essere vista come tregua precaria, ma come principio organizzativo della vita collettiva. La scelta tra pace e guerra è culturale e politica.
Superare il motto “si vis pacem, para bellum”
La celebre frase latina ha alimentato la cosiddetta ragione bellica, una visione che giustifica il conflitto. La critica a questo approccio non è un esercizio teorico, ma una necessità politica.
Costruire la pace con istituzioni, diritto e fiducia
Per garantire la pace occorre rafforzare:
- istituzioni internazionali come ONU e UE,
- strumenti giuridici e sanzioni efficaci,
- una cultura della cooperazione.
La pace è la normalità, non l’eccezione
La maggior parte delle persone vive quotidianamente in pace. La guerra, invece, è una patologia della politica, alimentata da paura, sfiducia e corsa agli armamenti.
Il ruolo del diritto e delle organizzazioni multilaterali
Le leggi e le istituzioni permettono di risolvere i conflitti senza violenza. A livello internazionale, questo significa sostituire l’equilibrio del terrore con regole condivise e organismi multilaterali da rafforzare, non delegittimare.
Una visione pacifista realista, non utopica
Ciò che un tempo era ritenuto utopico oggi è realtà: la schiavitù è un crimine, le donne votano. Allo stesso modo, anche la guerra può diventare un tabù sociale. I conflitti non spariranno, ma potranno essere gestiti in modo civile e costruttivo.
Pace come responsabilità politica condivisa
La critica alla ragione bellica è un atto di realismo politico autentico. Pensare la pace come contesto naturale dell’agire umano è il primo passo per un futuro basato su sicurezza, giustizia e dignità.
Roberto Rapaccini