
C’era una volta una principessa che tutti i giorni andava a giocare con una palla d’oro in un bosco tenebroso davanti a uno stagno. Un giorno la palla cadde in acqua e un ranocchio si offrì di recuperarla, ma a una patto: la principessa avrebbe dovuto condividere con lui la coppa, il piatto e il giaciglio.
La fanciulla acconsentì, ma quando il ranocchio le riportò la palla, lei non lo degnò di uno sguardo e se ne andò. Il giorno dopo il ranocchio si presentò a corte per la ricompensa e il re impose a sua figlia di onorare il patto; così la principessa dovette far bere il viscido ospite dalla sua coppa e farlo mangiare nel suo piatto. Quando però questi la seguì in camera da letto, lei lo scagliò con rabbia contro il muro.
Un principe sotto mentite spoglie
Come per magia, dal ranocchio spiaccicato si rialzò un bel principe che un incantesimo aveva costretto in quelle forme. Nell’edizione inglese delle Fiabe del focolare dei Fratelli Grimm, una versione edulcorata per le bambine dell’epoca vittoriana, la principessa bacia il ranocchio invece di spiattellarlo contro il muro.
Una lettura simbolica e psicanalitica
Secondo una lettura psicanalitica, la fiaba racconta la crescita di una fanciulla che vede la sua verginità (la palla d’oro) minacciata da un indegno ranocchio (il futuro sposo). La condivisione forzata della tavola e del letto è una chiara allusione a un matrimonio imposto, ma dopo la prima notte di nozze (burrascosa nella prima versione, più arrendevole nella seconda), la fanciulla si ravvede e scopre (o impara o accetta) l’amore.
Dal folklore alla simbologia alchemica
La figura del ranocchio scelta dai Fratelli Grimm addolcisce quello che, nel folklore popolare tedesco, doveva essere un repellente rospo, il compagno delle streghe. Nella simbologia alchemica questo malefico animale che sguazza nel fango rappresenta l’uomo che ignora la luce divina, vive infatti in un bosco tenebroso e provoca ribrezzo.
Al suo interno è costretto il corpo splendente di un principe: altri non è che l’anima imprigionata nel sudicio mondo della materia e solo la grazia divina, che si presenta sotto le vesti di una principessa, può liberarla.
Una prova e una salvezza
La fanciulla offre l’occasione al rospo/ranocchio per conquistarsi la salvezza tramite una prova d’astuzia, infatti è con la ragione e la perseveranza che egli ottiene l’accesso alla coppa della principessa, ovvero alla fonte divina. A questo punto, per liberare l’anima racchiusa nell’animale, occorre un gesto violento, che non può essere un bacio, perché il bacio implica accettazione e indulgenza.
La principessa deve invece rifiutare chi si presenta con una veste indegna al cospetto di Dio: per rompere l’incantesimo deve uccidere il rospo.
Una fiaba moralizzata
Quando vennero raccolte dai Fratelli Grimm, le fiabe popolari non parlavano più di ricerca spirituale, ma venivano riadattate secondo la morale borghese. Così il Principe Ranocchio divenne un monito sui doveri coniugali di una fanciulla che si appresta a contrarre un matrimonio combinato, con la variante vittoriana del bacio per indorare la pillola.
Francesco Patrizi
















































