
Se oggi conosciamo il sapore della vaniglia lo dobbiamo a uno schiavo di dodici anni.
La vaniglia cresce da un’orchidea che apre il fiore una volta l’anno per poche ore e viene impollinata da un’ape dell’America Centrale. Era coltivata dai Maya in Messico, gli spagnoli provarono a trapiantarla in Europa, ma senza quell’ape specifica non cresceva il baccello.
La scoperta di Edmond Albius
Nel 1841 il piccolo Edmond Albius scoprì il modo per impollinarla a mano nell’isola de La Réunion, un territorio d’oltremare francese nell’Oceano Indiano.
Orfano di due schiavi africani, Edmond venne adottato dal suo padrone, un botanico che aveva notato in lui una spiccata intelligenza e che gli lasciava fare esperimenti con le piante. La sua storia è stata raccontata dalla connazionale Gaëlle Bélem nel romanzo Il frutto più raro (E/O 2025).
Un destino tra privilegi e discriminazioni
I documenti sulla sua vita sono pochi: si sposò, non ebbe figli, fu adottato dal padrone perché probabilmente era un suo figlio illegittimo, per questo ricevette un’educazione come i bianchi, una condizione di privilegio che però lo mise in cattiva luce sia presso la comunità degli schiavi africana che presso gli europei, che non vollero riconoscerlo come botanico.
La Réunion e il commercio coloniale
La Réunion è un’isola vulcanica a est del Madagascar, vicino all’isola Mauritius, fino al XVIII secolo era disabitata e veniva usata come scalo delle merci provenienti dall’India, poi i francesi vi impiantarono la canna da zucchero e importarono gli schiavi dall’Africa per coltivare i campi.
Nel 1848 venne abolita la schiavitù nelle colonie d’oltremare e dato che gli schiavi avevano solo un nome (come gli animali da cortile), gli venne chiesto di inventarsi un cognome. Edmond, che aveva studiato, si scelse un cognome latino molto significativo, “albius” significa infatti “il più bianco”.
Una ricchezza per pochi
Non seppe mai che bastimenti carichi della sua vaniglia avevano tempestato i porti di tutto il mondo, che erano entrati nelle corti dei nobili, nelle botteghe dei commercianti, nelle fiere popolari, che avevano arricchito i commercianti di ogni latitudine, tranne gli africani.
Oggi la vaniglia non viene quasi più coltivata a La Réunion, l’80% della produzione mondiale della spezia proviene dal poverissimo Madagascar, che la vende in prevalenza alle industrie statunitensi.
Un aroma che pochi assaggiano
Spesso quella che assaporiamo sui gelati e sentiamo nei profumi è un aroma sintetico, la vaniglia (soprattutto dopo la politica dei dazi di Trump) sta diventando una merce sempre più di lusso, il prezzo può arrivare anche a mille dollari al chilo, ma il ricavato non finisce certo nelle tasche dei coltivatori del Madagascar, che neanche hanno mai assaggiato queste lunghe bacche nere che crescono nella penombra umida della foresta, le considerano roba per occidentali.
Una volta contadino ha fumato una sigaretta aromatizzata alla vaniglia, “una vera schifezza” ha commentato “che ci troveranno mai gli occidentali!”.
Francesco Patrizi
















































