L’illusione di essere “sopra la media”
Alzi la mano chi non si considera un guidatore migliore della media? Un lavoratore più competente? Quasi tutti, e, spoiler alert, non necessariamente lo si è. Questa piccola distorsione mentale ha un nome preciso: better-than-average effect, o in italiano effetto “meglio-della-media”. Tecnicamente si chiama bias cognitivo, cioè un errore sistematico del pensiero, che ci porta in modo ricorrente a sopravvalutare noi stessi rispetto agli altri.
Numeri che non tornano
Negli anni ’80, il ricercatore svedese Ola Svenson chiese ad un gruppo di automobilisti di valutare le proprie abilità alla guida rispetto alla media. Non è difficile immaginare l’esito, il 93% degli intervistati si definì al di sopra della media. Ma è evidente che qualcosa numericamente non torna: le leggi della statistica condannano impietosamente questo risultato.
Un meccanismo di protezione mentale
Il riferirmento all’abilità in quanto guidatori è solo uno degli ambiti di ricerca possibili, perché questo tipo di illusione ricorre in realtà nelle circostanze più svariate. Capita di sentirsi più capaci dei colleghi, più empatici degli amici, etc. Il punto è che quasi tutti tendiamo a collocarci “un gradino sopra”, perché sopravvalutare (mediamente) noi stessi non è solo un errore di percezione, ma anche una forma di protezione mentale, funzionale a difendere la nostra autostima, a motivarci quotidianamente e a renderci, in qualche modo, più resilienti.
L’autovalutazione non è sempre oggettiva
Quando giudichiamo le nostre capacità, non siamo esattamente obiettivi, in senso positivo ma a volte anche negativo. Se si pensa di essere dei buoni guidatori perché mettiamo la freccia agli incroci, forse stiamo ignorando le volte in cui non diamo la precedenza o parcheggiamo dove non dovremmo. Il cervello tende a selezionare ciò che conferma la nostra autostima, e a ignorare il resto.
La fiducia cieca può generare errori
Il better-than-average effect non risparmia proprio nessuno: studenti, lavoratori, genitori, persino gli esperti. Nelle aziende, molti dipendenti si percepiscono come più produttivi e collaborativi dei colleghi. Nelle relazioni, ognuno crede di essere “quello/a che si impegna di più”. E nei sondaggi sull’etica personale, la maggior parte delle persone valuta di avere “un’etica morale o professionale più alta della media”.
Tra disinformazione e autoconsapevolezza
“Sopra la media” che non esiste. È chiaro che credersi un po’ migliori non sia del tutto negativo: la fiducia in sé aiuta a superare le sfide e i fallimenti. Ma se questa fiducia diventa “cieca”, può portare ad errori gravi, decisioni sbagliate, al sottovalutare dei rischi, fino a generare conflitti, non necessari, con gli altri.
Se ci pensate bene, è lo stesso meccanismo che può alimentare la disinformazione: quando siamo convinti di saperne più della media, tendiamo a fidarci solo del nostro giudizio, anche contro le prove.
Come uscirne? Con autoconsapevolezza
Ma come si può smascherare il nostro “io sopra la media”? Non è necessario diventare di punto in bianco ipercritici, ma un po’ di autoconsapevolezza aiuta. Ecco alcune strategie semplici suggerite dagli esperti: cercare feedback reali, e non solo da chi tendenzialmente già ci dà ragione; confrontarsi con i dati e non solo con le sensazioni, perché alla nostra mente piace essere selettiva in modo unidirezionale e, quindi, chiedersi “su cosa mi baso?” ogni volta che ci sentiamo “migliori” in qualcosa può aiutare; coltivare l’umiltà cognitiva, ovvero ammettere di poter sbagliare perché non è sintomo di debolezza, ma di lucidità.
Essere migliori per davvero
Direi che la morale di questa storia è che il better-than-average effect è la prova che la nostra mente sa mentirci, anche se lo fa a fin di bene… il nostro. Infatti, rielaborare le situazioni in modo da farci sentire competenti, speciali, unici e molto altro. E in un certo senso, lo siamo davvero, ma non sempre come pensiamo. Anche perché, qualcuno dovrà pur essere nella media, giusto? Il vero passo in avanti è accettarlo, imparare a conviverci, e magari impegnarci ad essere migliori per davvero.
Alessia Melasecche