
Guerre e distrazioni globali
Mentre infuriano guerre feroci, come quella in Ucraina o, persino, atti di genocidio di un popolo, come in Palestina, altri fenomeni profondi percorrono il mondo, anche sotto pelle, preparando altre tragedie.
Così, distratti dai conflitti, dal numero di vittime, dalle sofferenze umane e distruzioni immani, non guardiamo ad essi e, se lo facciamo, li vediamo lontani, sfocati ed inoffensivi, per il nostro oggi.
Il cambiamento climatico, una crisi silenziosa
Il primo, ancora una volta, è il cambiamento del clima. La scienza ci dice che sta accelerando, anche per l’interazione degli effetti del riscaldamento.
Basti pensare che l’aumento, più accentuato, della temperatura, nelle lande da millenni ghiacciate della Siberia o dell’Alaska, sta provocando lo scongelamento del terreno, ricchissimo di materiale organico; così si libera metano che va in atmosfera, con un effetto serra 84 volte maggiore dell’anidride carbonica, nell’arco dei prossimi 20 anni: quelli decisivi per salvarci dal collasso degli equilibri climatici.
A fronte di un aumento della frequenza ed intensità dei fenomeni meteo-climatici estremi, causati dai modelli di produzione e consumo della parte più ricca dell’umanità, la politica e le sue istituzioni, i grandi poteri economici legati alle fonti fossili di energia, hanno rallentato le misure di mitigazione, cioè di riduzione delle emissioni e di adattamento al cambiamento, ormai intervenuto.
Quando non fanno addirittura marcia indietro, come il Trump che fa uscire l’America dagli accordi di Parigi sul clima; ma anche come l’Unione Europea che ha annacquato molto le azioni di riduzione delle emissioni indicate cinque anni fa nel famoso “Green New Deal”, attuativo degli accordi di Parigi.
Disuguaglianza economica e squilibri sociali
Il secondo grande fenomeno “sotterraneo” è sociale e riguarda la crescente disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza.
Si assiste all’aumento del numero dei super ricchi, dei loro redditi e patrimoni, e al contestuale aumento di milioni di nuovi poveri. Sono 6 milioni nel nostro Paese, con un aumento del 62% negli ultimi 10 anni, mentre a rischio povertà è ormai il 23% della popolazione italiana.
Il “sistema” economico, sociale e soprattutto fiscale attuale opera come un Robin Hood al contrario, che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Nel mondo si è creata una enorme disparità che riguarda sia le retribuzioni che i patrimoni.
Il 10% più ricco della popolazione mondiale attualmente si prende il 52% del reddito globale, mentre alla metà più povera ne resta l’8,5%.
Se ci limitiamo ai patrimoni, vediamo che la metà più povera della popolazione mondiale possiede una ricchezza pari solo al 2% del totale, quando il 10% più ricco ne possiede il 76%.
Verso una giustizia fiscale e sostenibile
Si può pensare a una correzione di queste storture sociali?
Lo si può, operando con la leva fiscale secondo un principio di progressività: più sei ricco, più contribuisci alle entrate dello Stato, per finanziare il welfare e lo sviluppo sostenibile.
Invece, nella realtà, oggi, più ricco sei, meno paghi, perché con la struttura dei loro redditi e patrimoni i super ricchi riescono ad ottenere imposizioni fiscali ridotte, percependo rendite e dividendi tassati meno delle aliquote ordinarie sui redditi da lavoro, per non dire delle società di comodo piazzate nei numerosi paradisi fiscali.
Va ripresa la linea costituzionale della progressività dell’imposizione fiscale su redditi alti e patrimoni elevati, al fine di assicurare allo Stato risorse per un migliore equilibrio di bilancio, per sostenere la redistribuzione della ricchezza tramite spesa e investimenti sociali, per rilanciare ricerca e innovazione.
Sarebbe possibile, in tal modo, senza apprezzabili riduzioni dei livelli di benessere dei superricchi, aumentare le entrate annuali dello Stato italiano di almeno 20 miliardi che, unite ad altrettante risorse prese da una più efficace lotta all’evasione fiscale, consentirebbero allo Stato di disporre di risorse fresche e reali, pensando che dopo il 2026 i finanziamenti europei del PNRR, sui quali sta galleggiando la nostra debole economia, non ci saranno più.
Giacomo Porrazzini
