Il Coraggio delle Parole

Il coraggio delle parole

La guerra, la violenza e l’illusione della forza

La tribù umana sembra avere nuovamente bisogno di mostrare i muscoli, di cimentarsi in una lotta all’ultimo sangue. Il vincitore si crede più forte, il vinto appare sconfitto. Ma su un terreno insanguinato da corpi senza vita, non esistono vincitori e vinti.

Questo è l’epilogo di ogni guerra: la spartizione di un territorio conteso da più parti, ma che non appartiene a nessuno. Il tentativo di accaparrare tutto, sopra e sotto la terra, è lo stesso.

Ciò che resta è uno spettacolo spettrale: zolle di terra martoriate e la follia dell’uomo che vaga tra le macerie. Popoli e culture si sono alternati nei secoli lasciando impronte di ingegno, mentre la guerra continua a cancellare tutto in un attimo.

Secoli per costruire, un attimo per distruggere.

Caino, Abele e il mito della sopraffazione

Tra edifici crollati e corpi dilaniati si ripete la tragedia di Caino e Abele: una sfida fratricida che risponde al bisogno atavico di sopraffazione. Ma se tra due fratelli il conflitto è personale, altro è reclutare uomini e costringerli a uccidere o morire.

Fabrizio De André ne è testimone poetico ne La guerra di Piero, dove lo scontro tra fratelli si consuma nel silenzio della coscienza:

“E mentre marciavi con l’anima in spalle Vedesti un uomo in fondo alla valle Che aveva il tuo stesso identico umore Ma la divisa di un altro colore

Sparagli Piero, sparagli ora E dopo un colpo sparagli ancora Fino a che tu non lo vedrai esangue Cadere in terra a coprire il suo sangue

E se gli sparo in fronte o nel cuore Soltanto il tempo avrà per morire Ma il tempo a me resterà per vedere Vedere gli occhi di un uomo che muore.”

La morte che piove dal cielo

E poi ci sono gli occhi di uomini, donne, bambini, inermi, non armati. Guardano il cielo, lo stesso a cui si rivolgono per cercare pace, pregare o ringraziare, mentre da quello stesso cielo arriva la morte.

Come si può accettare di vedere morire giovani chiamati a difendere un territorio ritenuto Patria, o a invadere un territorio che è Patria di altri?

Si chiamano soldati, obbligati a eseguire comandi che hanno il sapore del sangue. Bisogna sempre ubbidire.

Ubbidienza, coscienza, responsabilità

In questa parola, ubbidire, si racchiude tutta la complessità dell’agire umano. Ubbidire può significare subire, accettare o condividere.

Ma la differenza la fa la coscienza.

Ci fu un uomo che ebbe il coraggio delle parole: don Lorenzo Milani, priore di Barbiana. Maestro, educatore e innovatore, dedicò la vita a rendere la lingua strumento di libertà e giustizia.

Fu lui a proclamare il diritto dell’uomo a far valere la responsabilità personale e ad agire secondo coscienza. Don Milani, pur avendo fatto voto di obbedienza con il sacerdozio, difese l’obiezione di coscienza come espressione di dignità umana.

Nel 1948 fu accusato di “rifiuto di obbedienza” per essersi opposto al servizio militare. In “Lettera ai cappellani militari” e “Lettera ai giudici” scrisse con profonda convinzione morale:

“L’obbedienza non è più una virtù.”

Fu processato per apologia e incitamento alla disobbedienza civile. Venne assolto.

Un segno nella storia

Don Milani non fu un sovversivo, ma un uomo di giustizia, responsabilità e coscienza. Il suo processo del 1966 segnò profondamente la storia culturale e politica italiana.

Col tempo, la società accolse il suo messaggio: venne riconosciuta l’obiezione di coscienza, con la possibilità di prestare servizio civile.

Nel 2005 il servizio militare obbligatorio venne sospeso, a favore di un modello difensivo basato su un esercito volontario e professionale. Ma con possibilità di ripristino (art. 1929).

Il principio di don Milani torna così attuale: coscienza e responsabilità individuale sono la base di una società giusta. L’obbedienza cieca, se non vagliata dalla ragione e dalla morale, può diventare una fonte di ingiustizia.

La forza dell’intelligenza

La Costituzione italiana è chiara, all’articolo 11:

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…”

A volte basta un uomo solo per cambiare la storia. Quando si ha il coraggio di esprimere le proprie idee con parole vere, oneste, coerenti.

Parole che si trasmettono, che trasformano i pensieri, che cambiano le regole.

Nella storia millenaria dell’umanità, molti uomini hanno contrapposto la forza dell’intelligenza a quella dei muscoli. E, proprio per questo, sono stati crocifissi.

Sandra Raspetti