Una difficile eredità
In molti, a partire dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di fronte allo sgomento per la morte di Papa Francesco, hanno evocato il “vuoto” che si apre: un vuoto morale e di testimonianza umana e sociale, il venir meno improvviso di un punto di riferimento per tutti, credenti e non credenti.
Papa Francesco si era conquistato questa statura, universalmente riconosciuta, per l’attenzione appassionata verso le persone più fragili e indifese, e per l’impegno a favore di chi soffre. È stato un promotore della giustizia sociale e della solidarietà umana, oltre che un difensore instancabile delle ragioni della pace, minacciata da guerre nazionalistiche, dalla crisi del multilateralismo, da nuove pulsioni imperiali delle grandi potenze e dalla generale corsa al riarmo.
Papa Francesco è stato anche un esempio nella difesa delle condizioni del pianeta, fondamentali per assicurare la continuità della vita e della civiltà umana. La sua enciclica Laudato si’, incentrata sulla cura dell’ambiente e del clima, rimarrà un documento di straordinaria forza critica e propositiva, con un appello alla fraternità umana quale unica via di salvezza per l’umanità.
Notevole è la consonanza tra questa enciclica profetica e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, entrambe pubblicate nel 2015, nel denunciare i cambiamenti climatici, la gestione responsabile delle risorse limitate del pianeta e la necessità di una sostenibilità sociale, a partire dalla lotta alla fame e alle disuguaglianze crescenti.
Gli Accordi di Parigi sul clima, anch’essi del 2015 e oggi in parte disconosciuti da grandi potenze come gli Stati Uniti, furono il frutto di quella stessa ispirazione alta e condivisa, finalizzata alla tutela delle condizioni ecologiche indispensabili alla sopravvivenza dell’umanità sulla Terra.
Tuttavia, la rottura sul tema del clima, come pure la “terza guerra mondiale a pezzi” denunciata da Papa Francesco e la gestione esclusivamente repressiva dei fenomeni migratori, evidenziano la distanza tra la sua predicazione e l’orientamento dei grandi centri di potere.
È stato ascoltato con attenzione nelle periferie del mondo e da numerose persone di buona volontà, ma non dai principali centri decisionali globali. Non a caso i rapporti tra la Santa Sede e alcune potenti conferenze episcopali nazionali, come quella americana e quella tedesca, sono stati complessi e talvolta conflittuali.
Spesso Papa Francesco, pacifista, socialmente progressista e ambientalmente profetico, ha dato l’impressione di essere in minoranza anche all’interno della sua comunità di credenti.
Per questo motivo, al dolore per la sua scomparsa si affianca già oggi l’attesa per quanto accadrà con la sua successione: si pone infatti il problema della scelta tra la continuità della sua linea riformatrice, ispirata al Concilio e orientata a una convivenza più giusta e solidale, o un ritorno a posizioni tradizionaliste che rischierebbero di spegnere una voce autorevole di apertura e di impegno a favore dei più fragili.
Giacomo Porrazzini
