SCIENZA E DEMOCRAZIA

Il secolo scorso, comunque sia definito dagli storici o come “secolo breve” o “secolo della scienza e della tecnica” ecc… accanto alle grandi tragedie che lo hanno attraversato, fu caratterizzato da due grandi processi evolutivi: la notevole crescita della conoscenza e l’espansione della democrazia. Due fattori inseparabili e interdipendenti. Dopo la rivoluzione dell’agricoltura e quella più recente industriale, ci stiamo avviando verso una terza transizione, quella della “società della conoscenza”. Infatti la democrazia non può sussistere senza conoscenza in quanto quest’ultima permette l’autodeterminazione e di conseguenza la scelta consapevole. Attualmente con lo sviluppo vertiginoso dell’informatica la trasmissione del sapere, avvenendo in modo decentrato tramite la Rete in una società sempre più complessa, diviene un diritto universale dell’uomo. Pertanto il divario tra gli individui che hanno facile accesso alle conoscenze e quelli che, per vari motivi, ne sono esclusi aumenta di conseguenza, rappresentando una vera emergenza democratica.
La Convenzione di Aarhus, sottoscritta anche dall’Italia, riconosce il diritto a tutti i cittadini all’accesso alla migliore conoscenza scientifica codificata come un bene pubblico. Il grande sviluppo delle tecnologie più sofisticate come AI ci ha dato l’accesso ad un’enorme quantità di informazioni, causando parallelamente un’incompetenza diffusa prodotta dai social network e dal web. I populismi e le polarizzazioni, alimentate dalle fake news, sono fenomeni inevitabili che quotidianamente vanno combattuti. Nessuno di noi è al riparo dai condizionamenti di un’informazione guidata da meccanismi occulti. L’accesso ad una grande mole di informazioni non è di per sé garanzia di maggiore libertà e democrazia. A questo punto diviene fondamentale il ruolo della scienza che ha bisogno della democrazia. Oggi esistono più scienziati e risorse di tutti quelli del passato, eppure la democrazia ha bisogno della scienza, quando deve governare la tecnologia per contrastare i subdoli attacchi che giornalmente avvengono in rete. La scuola e l’università in tal contesto svolgono una funzione positiva e meriterebbero maggiore cura da parte delle istituzioni. Questo è l’indubbio vantaggio che la diffusione della conoscenza assume nella società e per la società. La pandemia ha rappresentato uno stress test con un bombardamento di conoscenza scientifica cha da un lato ha disorientato l’opinione pubblica, dall’altro ne ha messo in rilevo il suo procedimento. E’ merso chiaramente il fatto che nessuno scienziato possiede la verità in assoluto e la ricerca arriva a conclusioni che sono il frutto del confronto delle varie posizioni e dal riscontro pratico. Tutto ciò deve essere chiaro e trasparente alla collettività, ovvero la conoscenza deve appartenere a tutti, non appannaggio di pochi iniziati. Tale criterio è presente nelle politiche della UE, ma ha bisogne di venire concretamente realizzato. Nel Seicento venne abbattuto il principio della segretezza, nacque così, con un intrinseco carattere democratico, la “repubblica della scienza”. La conoscenza scientifica non deve rimanere chiusa in una sorta di “torre d’avorio” dell’accademia, come avveniva nel mondo antico fino alle soglie dell’età moderna, in cui le conoscenze erano riservate a pochi eletti depositari esclusivi di conoscenze tenute rigorosamente segrete, come tra i Pitagorici, per citare solo un esempio. Siamo di fronte ad una emergenza storica in cui la scienza deve assumersi la responsabilità verso un sapere controllato. Trasparenza, comunicazione, condivisione, accessibilità e responsabilità sono i principi fondamentali su si deve basare la scienza per far fronte alle sfide del terzo millennio.

Pierluigi Seri

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