Quante Feste!!!

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Natale, Capodanno, la Befana, San Valentino, Carnevale, Pasqua e Pasquetta, la festa della Donna, del Papà, della Mamma e dei Nonni e … chi più ne ha più ne metta. La festività di San Valentino è appena trascorsa: a Terni è stata messa in atto una serie di manifestazioni e di eventi che hanno cercato di valorizzare il patrono di questa città e che si protrarranno fin oltre la metà di marzo. L’urna del Santo è stata portata in Duomo con una processione fiaccolata, si è ripetuta la festa della Promessa, la tradizionale maratona di San Valentino ha popolato la città di centinaia di persone, mostre d’arte, premi, concerti, musical, kermesse varie hanno vitalizzato le giornate, così come gli stand gastronomici e quelli di prodotti artigianali tesi alla valorizzazione del territorio, le luminarie si sono riempite di cuoricini, rose rosse e cioccolatini hanno deliziato gli occhi e il palato.

Questa ricorrenza come tante altre induce a fare alcune riflessioni sulle festività e la loro commercializzazione. Non c’è festa che non sia una commistione di sacro e profano, di tradizione e innovazione, di antichi riti pagani e di commemorazioni religiose, di spiritualità e laicismo: il tutto condito da quell’insieme di consuetudini e riti che comprendono festeggiamenti, scambi di auguri, bigliettini e regali, oltre alle solite e immancabili mangiate con i prodotti legati alla tradizione.

La festa degli Innamorati non fa eccezione: è una tradizione proveniente dai paesi anglosassoni e porta con sé cioccolatini e rose, cene a lume di candela e baci. Ma non dimentichiamo che essa si riallaccia ad antichi riti pagani e alle feste dei Lupercalia che cadevano nell’antica Roma nello stesso periodo e che si caratterizzavano per riti propiziatori con fecondazione simbolica.

Siamo nel periodo di carnevale: maschere, coriandoli, trombettine, carri allegorici, danze e canti, sfilate e veglioni, godurie dolciarie, allegria, scherzi. La festa affonda le proprie radici nei Saturnali romani e nelle antiche feste dionisiache quando, per un breve periodo di tempo, ci si sentiva liberi dai vincoli sociali precostituiti.

Tra poco sarà Pasqua, festa religiosa per eccellenza: vedremo colombe -la colomba nella religione rappresenta lo Spirito Santo che scende sugli uomini- e uova di cioccolato con sorpresa, leccornie di ogni tipo, e si preannunciano abbuffate di agnello, pizze dolci e pizze al formaggio. Anche Natale non è più solo una festa religiosa, bensì una ricorrenza piena di dolci, di regali, di abbuffate, di addobbi e luci e il Babbo Natale panciuto vestito di rosso non è altro che quello creato dalla Coca Cola, dunque di derivazione anglosassone.
Anche questo simpatico personaggio trova le sue origini in quel San Nicola di Bari elargitore di doni trasformato nei paesi anglofoni in Santa Claus.

La festa di Hallowen non fa eccezione: salita alla ribalta negli anni ’90 e tanto osteggiata da molti perché ritenuta di origine americana, trova lontane radici nelle tradizioni celtiche e non solo. Infatti anche in Italia, dall’Alto Adige alla Sicilia, le sue origini si possono rintracciare negli antichi riti legati ai morti quando si riteneva che proprio le anime dei trapassati, nella notte di Ognissanti, vagassero per le campagne. Per essi i vivi accendevano lumi e imbandivano le tavole, mentre i bambini andavano di casa in casa chiedendo dolcetti e generi alimentari. In molti paesi è diffusa da secoli la tradizione di intagliare le zucche che ricordano un teschio.

Dunque anche per questa festa che sembra tutta americana, ci sono tradizioni antichissime e consolidate.
Di fronte a queste feste tradizionali ce ne sono altre di più recente formazione: la festa della Donna, della Mamma, del Papà, dei Nonni e tante altre: sono certamente un omaggio a queste figure importanti della nostra vita e, nate come un’operazione politica, sono divenute essenzialmente un’operazione di marketing ben studiato dalle case pubblicitarie e aziende commerciali. A questo punto non ci resta che constatare che tutte queste feste, religiose e non, hanno radici ben profonde, fanno parte addirittura della storia antica dei luoghi, dei loro atavici rituali, di una cultura che in qualche modo si è stratificata e che comunque rimane nel profondo della nostra storia. Nel tempo si sono trasformate e tutte hanno subìto un forte processo di commercializzazione diventando così un vero e proprio motore economico. Può piacere o non piacere, ma questa è la realtà: questa è la trasformazione anche culturale che il business porta con sé, questo è il consumismo di massa. La positività di queste feste è che sono comunque rituali collettivi che investono il mondo, che ci fanno sentire nel mondo. E lo scambio di regali dai ninnoli ai gioielli -quando non è vissuto come un obbligo- ha comunque il significato di un bisogno di relazione e di condivisione, è un’estensione del nostro io, è gratitudine e affetto.

Il regalo diventa un dono perché si carica del significato simbolico dell’amore. Rendere più accettabile questo consumismo non è facile. Da sempre molte persone hanno sentito il bisogno di porre un freno a tutto ciò dando vita a un vero e proprio movimento anticonsumistico che rifiuta l’uso e getta e il fagocitare prodotti di ogni tipo. Molte aziende si stanno attrezzando per questo proponendo prodotti ecologici, riciclati, ricondizionati ecc. Ma anche questa, a ben guardare, è una strategia di marketing.

E per le feste cosa facciamo?
La festa è pur sempre una festa che ci regala un giorno di allegria, di vita vissuta insieme, di condivisione. Sta alla nostra intelligenza e al nostro buon senso non farne solo esteriorità, eccesso, spreco, mercificazione.

Loretta Santini

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