Quando lo Sport è un gesto di Fair Play

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Lo sport è fatto da momenti ed episodi che restano impressi nella memoria collettiva: gesti epocali o minimi, frutto spesso di grandi rivalità, che si rivelano nobili esempi dai quali ricavarne una bella lezione di vita. Quando uno sportivo non vede nell’avversario un nemico che ostacola la sua affermazione personale, ma altresì un compagno di viaggio con il quale condividere una esperienza, vengono fuori gesti di straordinaria generosità, che rendono un campione ancor più grande di quanto attesti il suo palmares.

L’immagine di Fausto Coppi e Gino Bartali che si scambiano la borraccia al Col du Galiber durante il Tour de France del 1952, è forse la rappresentazione fotografica più famosa del fair play nello sport, il simbolo della “rivalità corretta”, della signorilità. I due diedero vita a grandissimi duelli in bici, dividendo l’Italia tra opposte ed eguali tifoserie. Non è ancora chiaro chi veramente abbia passato la borraccia all’altro. In realtà conta la forza evocativa che quella foto esprime: due italiani che si aiutano l’un l’altro in un momento difficile, dandosi una mano.

Racconta Faustino, il figlio di Coppi: “I gregari di mio padre mi hanno raccontato che fu lui a passare la borraccia. Gino ha sempre sostenuto il contrario. Chi lo sa. Lasciamo libera l’immaginazione delle persone”. Coppi e Bartali, un binomio indissolubile, due immensi campioni che hanno fatto la storia: 5 Giri d’Italia Coppi e 3 Bartali, 2 Tour de France a testa, 4 Milano-San Remo Bartali e 3 Coppi e numerose altre storiche gare ciclistiche.

Ricorda Andrea Bartali, figlio di Gino: “Fra di loro c’era una sincera stima professionale ed un profondo rispetto. Quando erano in corsa però, si davano battaglia senza esclusione di colpi, con durezza, caparbietà, forza ed astuzia, mai con cattiveria”. I veri campioni si riconoscono dalle loro azioni: Alex Zanardi alla Venice Marathon del 2012, intuendo le difficoltà di Eric Fontanari, un ragazzo tetraplegico di diciassette anni, cerca di spronarlo. Quando si rende conto che il ragazzo non è in grado di arrivare a destinazione, aggancia la sua bici, trainandolo fino al traguardo.

Nel 1964, durante i giochi invernali di Innsbruck, l’atleta italiano Eugenio Monti si guadagna gli applausi e l’ammirazione di tutti, per il suo altruismo. Si sta disputando la finale della gara a squadre di bob, gli avversari britannici hanno un problema tecnico. Eugenio Monti senza esitazione alcuna, terminata la manche tra le prime posizioni, presta loro un bullone affinché possano gareggiare. Vinsero poi gli inglesi. L’azzurro incassò con sportività la sconfitta: “Hanno vinto perché sono andati più veloci, non perché gli ho dato il bullone”.

Nel 1988, i cinque cerchi olimpici di Seoul illuminano il fair play di Lawrence Lemieux. Il velista canadese scrisse una bella pagina di sport, compiendo un’azione che gli valse la medaglia Pierre De Coubertin, nota come “medaglia del vero spirito sportivo”. Compromette la sua regata, per recuperare due atleti caduti in mare.

Tante belle storie ed immagini fisse nel cuore della gente, come il bacio che il capitano dell’Italia campione del mondo, Dino Zoff riservò al suo allenatore Enzo Bearzot, dopo la partita Italia-Brasile 3-2: in quel gesto affettuoso, tra friulani riservati e poco inclini alle smancerie, tutto l’amore di un popolo.

Dov’è quindi la vera vittoria? La dobbiamo cercare nelle grandi verità custodite in tanti piccoli, ma significativi gesti.

Stefano Lupi

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