OBIETTIVI CLIMATICI “BASATI SULLA SCIENZA”

L’impennata dei prezzi dell’energia e di tutti i combustibili fossili ha messo in crisi molti assunti economici, e non solo, validi fino al giorno prima. L’aumento del prezzo delle fonti tradizionali di energia dovrebbe facilitare, se non addirittura accelerare, lo sviluppo, l’implementazione e l’approvvigionamento da fonti alternative, ma le cose non sembrano andare esattamente come forse ci si sarebbe aspettati quando nel 2015, in un momento storico sicuramente differente, i leader mondiali si sono riuniti a Parigi e hanno preso l’impegno di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli preindustriali. Qualche anno dopo, nel 2019, il Global Compact delle Nazioni Unite, per incoraggiare tutte le imprese ad intensificare gli sforzi profusi nell’affrontare l’emergenza climatica, ha previsto l’adozione di obiettivi aziendali “scientifici” (science-based targets, ovvero in linea con i più recenti pronostici scientifici relativi al clima) orientati a massimizzare il contributo per la limitazione dell’aumento della temperatura globale come indicato dall’Accordo sul Clima di Parigi. Poi, nel 2021, è stato lanciato lo standard net-zero che offre alle aziende un quadro di riferimento scientifico per i loro obiettivi climatici, con lo scopo a lungo termine di raggiungere emissioni appunto “zero netto”, dando una considerevole accelerazione in termini di concretezza e trasparenza a tutte le azioni intraprese sul tema.

È chiaro che a livello globale il settore privato è chiamato, tutt’ora, a maggior ragione con le condizioni di riferimento variate rispetto al 2015, a giocare un ruolo cruciale per la transizione ecologica che possa portare ad un’economia, nelle ambizioni “carbon neutral”. L’idea è quella di partire intervenendo nel ridurre le emissioni, ciascuno nell’ambito della propria catena del valore. Gli science-based targets nascono proprio con l’intento di guidare le aziende nella direzione di un’“azione climatica” ambiziosa ed ispirata ad evidenze scientifiche. Essendo ad oggi un’opzione volontaria, rappresentano un impegno supplementare da parte di chi decida di uniformarsi.

L’adesione agli science-based targets si svolge in cinque fasi: invio di una dichiarazione d’impegno; definizione dell’obiettivo di riduzione delle emissioni; presentazione del progetto per la convalida ufficiale; condivisione con i propri stakeholder dell’obiettivo e della strategia con cui verrà implementato il piano; comunicazione sulle emissioni prodotte e monitoraggio dei progressi su base annuale.

Ma al di là delle ambizioni, quali sono i requisiti principali previsti dallo standard net-zero? Drastica decarbonizzazione, ovviamente: si parla di almeno il 90% per la maggior parte delle aziende aderenti, per ottenere riduzioni delle emissioni incisive e rapide compatibili con l’impegno di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli preindustriali; dal breve si passa poi al lungo termine, con obiettivi climatici che consentano di raggiungere lo “zero netto” entro il 2050, “compensando” tutte le emissioni residue che non è proprio possibile eliminare. Poi, per quanto più possibile, occorrerà agire anche oltre la propria catena del valore, investendo in modo complementare, ad esempio in progetti per la tutela del clima.

Non solo le aziende sono invitate ad aderire, le Nazioni Unite chiamano ad impegnarsi in maniera ambiziosa per ridurre le proprie emissioni nocive anche gli enti “non-business”. Tutti possono essere supportati in questa direzione aderendo allo Science-Based Targets Network https://sciencebasedtargetsnetwork.org/

Alessia Melasecche

alessia.melasecche@libero.it

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