L’inconfondibile tristezza della torta al limone

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Titolo: L’inconfondibile tristezza della torta al limone
Autore: Aimee Bender
Editore: Minimum Fax


La coscienza e la consapevolezza dell’organismo di raccogliere gli stimoli provenienti dal mondo esterno passa attraverso gli organi di senso. Fin dalla nascita accumuliamo esperienze sensoriali indispensabili per muoverci nel mondo che arricchiscono e formano la nostra identità. Una musica che arriva dal passato ricrea nella nostra mente precisi episodi della nostra vita, facendo emergere particolari che non pensavamo neanche di aver vissuto.

Può succedere che un ricordo uditivo risvegli anche quello visivo che si trascina dietro tutti gli altri sensi. Inevitabilmente questo breve viaggio sensoriale nel mondo della memoria ha la capacità di modificare il nostro stato d’animo, andando a toccare punti della nostra sensibilità più profonda e risvegliando gli stessi sentimenti di allora. Se il ricordo è piacevole si allontanerà lasciando una scia di affetto e nostalgia, al contrario un brutto ricordo lascerà una sensazione di inquietudine, rimpianto o addirittura rabbia.

Quando uno dei sensi smette di funzionare, la natura perfetta nella sua imperfezione, acuisce i restanti organi, la cui attività va a sopperire quella mancante. Può anche succedere che solo uno di questi organi di senso sia più sviluppato degli altri e che conferisca un dono a chi ha questa capacità. Aimee Bender si focalizza su questa particolarità e costruisce una storia dai contorni surreali. è la stessa protagonista, Rose, a raccontarci la sua vicenda.

Durante un assolato pomeriggio di inizio primavera, la piccola Rose assiste la mamma che prepara la torta per il suo nono compleanno. La scena si svolge in una villetta di una nota zona di Los Angeles, in un indefinito anno di fine ‘900. La famiglia di Rose rientra nei canoni della famiglia tradizionale, Rose ha un fratello poco più grande di lei e un padre avvocato.

Le loro vite si svolgono in apparenza tranquillamente, sui binari di una routine consolidata. Rimasta sola in cucina a sorvegliare la torta in forno, mentre la mamma combatte contro il mal di testa, Rose si abbandona a pensieri disordinati che ruotano attorno alla sua famiglia, e così facendo definisce i contorni dei componenti. Il padre, uomo con i piedi piantati per terra e “sulla mascella tatuata la parola CAPOFAMIGLIA”, di indole allegra e gioviale, metodica e serafica, aveva conseguito la laurea grazie alla collaborazione della moglie Lane, che aveva caricato sulle sue giovani spalle la gestione della casa, dei figli piccoli e aveva svolto un lavoro d’ufficio per niente stimolante. Il fratello Joseph è un adolescente schivo, che si muove nella storia come un fantasma, manifestandosi solo quando qualcosa colpisce la sua area di interesse.

Rose tira fuori la torta dal forno e il profumo di limone e cioccolato avvolge la cucina, ma la rassicurante fragranza emana un retrogusto acre e spiacevole. Un’inquietudine appena percepita accompagna i suoi timidi gesti mentre taglia una fetta di torta e l’assaggia. Il sapore le esplode in bocca con una potenza emotiva che la lascia fortemente turbata.

La ricetta è stata eseguita in maniera ineccepibile, gli ingredienti sono ben amalgamati, nonostante fosse il primo dolce che la mamma avesse mai preparato. Dapprima in modo vago, poi sempre più intensamente avverte i sentimenti di sua madre. Tutta la sua tristezza, le frustrazioni, le disillusioni che le si agitano dentro e che con destrezza materna riesce a celare dietro un sorriso. Il dolce, come fosse un’iniziazione, le aprirà il mondo dei sentimenti trasformando ogni morso di cibo della sua vita in un viaggio dentro le emozioni e gli stati d’animo di chi lo ha preparato. è assediata da questa tempesta emotiva della quale non riesce e non vuole parlare, tranne che con George, un caro amico di suo fratello.

Resa vulnerabile da questo dono, Rose ci racconta, in modo lucido, ma con la tenerezza e la semplicità della sua età, la sua vita costellata di esperienze alimentari ogni volta sconvolgenti. Solo il cibo dei distributori automatici di merendine le daranno il vero ristoro, un’oasi priva di elementi umani. Con l’avanzare della storia il suo sguardo si fa adulto e i fili della narrazione si dipanano svelando segreti carichi di ombre.

La storia procede con perfetto equilibrio su un piano reale, così palpabile nella descrizione dettagliata della lenta trasformazione della quotidianità familiare, illumina ogni gesto, ogni oggetto e tutte le sfumature di ogni personaggio. Le vediamo, sentiamo gli odori e avvertiamo quella lieve inquietudine che ci ha preso per mano fin dalle prime parole e ci fa scivolare nel piano del surreale con profumo fiabesco, un sentore che rimanda alle storie di Tim Robbins o di Neil Gaiman.

La metafora di Rose e della sua estrema sensibilità offre una prospettiva sul cibo che apre a profonde considerazioni sul modo di percepire il mondo. Un morso veloce, un’annusata distratta e perdiamo di vista l’elemento umano troppo intriso di sapori dolorosi, gli stessi che cerchiamo di cancellare dalla nostra bocca.

di Silvia Fadda

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