L’Incastellamento in VALNERINA e la nascita della VALLE dei CASTELLI

Nel cominciare questa mia collaborazione con il Magazine “La Pagina”, che ci tengo a ringraziare per avermi coinvolto in questa bellissima iniziativa che ho sempre seguito da lettore, ho scelto di scrivere della genesi dei nostri tanto amati “borghi” della Valnerina, partendo già con un errore voluto riguardo proprio il termine “borghi”. L’errore di chiamare i paesi della Valnerina “borghi” infatti èormaiunaconsuetudine,unmodo didire chenasce recentementeperscopi turistici,ma che in realtà costituisce in molti casi un falso storico (un falso storico in buona fede ovviamente). I nostri paesi infatti non nascono come “borghi” ma come insediamenti fortificati militari, detti per l’appunto “castelli” da castrum, termine che indicava originariamente un luogo munito di recinti.

Il castrum per i romani designava l’accampamento fortificato dai legionari mentre, nel corso dei secoli e dall’alto medioevo in particolare, ha assunto il valore di castello o fortezza. La nascita dei castelli-castrum è infatti una delle fasi cruciali della storia italiana e ovviamente della Valnerina e per tale motivo deve essere trattata in modo adeguato e scientifico così come è stato fatto per tante altre zone dell›Umbria.

Lo studio di questa fase storica viene denominato con un termine chiave che risulterà a tutti ampiamente esplicativo appena letto e che definisce perfettamente l’argomento che andremo a trattare. Il termine di cui parlo è infatti “Incastellamento”, ovvero lo studio di quando, come, dove e perchè l’uomo ha iniziato a edificare i castelli. Lo studio del fenomeno dell’incastellamento in Italia è nato intorno agli anni 80 grazie al Prof. Riccardo Francovich, archeologo medievista dell’Università di Siena, e in effeti non sono tanti gli anni da quando questo argomento è divenuto centrale per l’archeologia medievale italiana. Lo schema proposto dal Prof. Francovich verte su un concetto base ovvero che l’incastellamento italiano ha periodi, cause e dinamiche diversificate per ogni territorio.

È per tali motivi che la domanda fondamentale da porci è: a cosa e a chi fu dovuta la prima fase di incastellamento in Valnerina? Purtroppo per noi non esistono dati archeologici al riguardo e per questo dovremo esclusivamente attenerci ai documenti d›archivio e alla conseguente ricostruzione delle vicende storiche che principalmente hanno interessato questa porzione di Umbria. Andando a ritroso e tralasciando l’incastellamento del periodo classico, che qui sicuramente non ha avuto seguito come in altre zone d’Italia, possiamo indicare come episodio primordiale per l’incastellamento in Valnerina l’arrivo dei longobardi con la successiva nascita del Ducato di Spoleto.

E’ quindi possibile azzardare l’ipotesi che i primi “castelli” vennero edificati in questo periodo che va dal VI al VIII sec. (Regno longobardo d’Italia – 568/774 d.C.) e molto probabilmete nella forma di cui già ci parlò per prima l’archeologa medievista Cinzia Perissinotto. La Perissinotto nel suo “Il sistema di fortificazioni della conca ternana nel Medioevo – Cisam, Spoleto, 2006” dice chiaramente di aver identificato nella Valnerina “ternana” due Sculca longobardi, rispettivamente uno sul Monte Sant’Angelo di Papigno e l’altro sul Monte Sant’Angelo di Ferentillo. Gli Sculca però non erano dei castelli veri e propri come noi l’intendiamo oggi, ma erano ineffetti solo delle semplici torri di avvistamento, traguardi ottici che comunicavano tramite segnali visivi inviati tra loro che convergevano su di un unico punto strategico che nel nostro caso non poteva che essere l’abbazia longobarda di San Pietro in Valle a Ferentillo.

Fondata nel VIII sec. dal duca longobardo di Spoleto, Farolado II, l’abbazia di San Pietro in Valle sarà il vero motore di sviluppo di tutta laValnerina “ternana” nel medioevo, un luogo di potere che fungerà da cuscinetto fra Spoleto e Roma e che per questo vanterà nei secoli una posizione privilegiata nella creazione e nell’amministrazione di quella che io ho chiamoto la “Valle dei castelli”. 

Sebastiano Torlini

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