Le sagre: riscoperta di Sapori e Saperi antichi

sagre

Lo avreste mai detto che le sagre hanno a che fare con il sacro?

Sì perché l’etimologia della parola ci riporta proprio al termine latino “sacrum”, cioè sacro, nella sua antica versione femminile. Il perché è presto spiegato: la sagra un tempo altro non era che una festa religiosa che celebrava un luogo di culto o il patrono del paese. Una cerimonia sacra dunque, in occasione della quale si svolgeva anche il mercato paesano, si vendevano e mangiavano i prodotti tipici e, spesso, si abbinavano divertimenti popolari che dovevano allietare la festa.

La sagra col tempo ha perso il suo originario significato sacro e, pur rimanendo legata alle ricorrenze religiose, è divenuta una manifestazione prevalentemente profana, un’occasione per stare insieme intorno al cibo, per ritrovare momenti di convivialità (da cum vivere = vivere insieme), un modo per riscoprire ed amare le tradizioni di un luogo, da quelle enogastronomiche -la tanto amata tavola delle nostre nonne- a quelle legate a modi di vita e memorie di un borgo, di una piccola comunità che rievoca e valorizza, attraverso questi eventi, la sua storia, la sua identità.

Infatti l’identità di un territorio non è data solo dagli eventi storici o dai reperti archeologici artistici documentari che la caratterizzano, ma anche da quell’insieme di usi, costumi, tradizioni, credenze, riti che sono parti integranti della propria cultura. Tra questi c’è anche il cibo, quindi i piatti e i prodotti che sono tipici del luogo. Infatti anche il cibo è cultura, è sapere di un popolo, memoria del passato, identità sociale.

Le sagre, con la loro offerta di piatti del passato che un tempo erano i piatti della penuria, della povertà e del quotidiano, ma anche con i piatti della festa, quelli cioè legati alle feste calendariali ed oggi identificati, nell’immaginario collettivo, come piatti genuini perché “fatti in casa”, diventano un veicolo per ritrovare e conoscere le radici e le tradizioni del luogo.

Ogni borgo – e ormai anche alcuni quartieri cittadini- grazie all’opera delle Pro Loco, organizzano feste gastronomiche-folcloriche-religiose, che valorizzano il territorio e la sua storia.

E allora andiamo per sagre.

Ce n’è per tutti i gusti: in ogni piatto meraviglia la sapienza delle cuoche che ripropongono i cibi di un tempo, che impastano a mano le tagliatelle, che creano intingoli saporiti. Sono i sapori, i profumi, della nostra memoria: sono l’esempio di una secolare cultura del cibo che fa parte del nostro corredo genetico e che ci àncora al passato.

In un’epoca in cui in TV dominano le gare di cucina con piatti e sapori elaborati, impiattamenti fantasmagorici, le sagre costituiscono un contraltare di non poco conto. Gustiamo l’oca arrosto ricordo delle feste della trebbiatura, le lumache piatto poverissimo della società contadina, le paste acqua e farina come le ciriole della tradizione ternana, condite con aglio olio e peperoncino o con i prodotti del bosco come funghi, asparagi e tartufo. Sì perché anche il tartufo un tempo era un alimento dei poveri, quello che i contadini sottraevano ai maiali e cuocevano sotto la cenere magari avvolto nella pancetta come già facevano gli antichi romani. Ecco le sagre che fanno gustare gnocchi al sugo di pecora o castrato o la pasta condita con l’ortica. E ancora pizza al testo, frittelle, castagne sempre abbinate al vino novello; formaggi dei nostri pascoli, carni alla brace.

Tradizione, convivialità, buon mangiare: il piatto è servito con l’ottimo condimento della socialità.

Buon appetito!

Loretta Santini

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