Le Olimpiadi, una svolta di trasparenza…?

Sitting Volley

Lo Sport vissuto con violenza è sintomo di malessere sociale.
La necessità di monitorarne le evoluzioni può rendersi utile per capire quali contrasti si vivano nell’attuale contesto e quali possano essere le misure atte a contenerne la degenerazione. Violenza non significa solo affronto fisico, ma anche rifiuto delle regole, ricorso a mezzi illeciti per prevalere sull’avversario, crescente naturalezza a considerare i tutori delle norme di gioco ostacoli all’affermazione personale o di gruppo. Compito della società è di restituire allo Sport una valenza che, una volta, gli era propria e che costituiva la sua stessa essenza. Sport vuol dire lealtà, confronto di forze che non mira alla sopraffazione o al dominio materiale, ma che aspira al miglioramento di se stessi. L’analisi deve partire dal deterioramento che il concetto ha subìto negli ultimi anni.

La società di oggi e l’obbiettivo di quanti praticano lo sport a qualsiasi livello, amatoriale, dilettantistico o professionistico, ha accreditato un valore primario agli effetti (vittoria), piuttosto che alle motivazioni (confronto secondo regole), che ogni esercizio sportivo comporta. L’errata interpretazione delle finalità porta a scelte scellerate, suppone una rincorsa continua all’illegalità nel raffronto, sdogana, come lecite, scorciatoie per raggiungere un falso scopo: prevalere sull’avversario ad ogni costo e con qualsiasi mezzo.
Come si è arrivati a questo livello di degenerazione? Sicuramente ha influito una malintesa valutazione del successo e un’altrettanta distorta considerazione della sconfitta, immagine, questa ultima che la società odierna rifiuta perché frustrante.

Non importa se una parte abbia perduto con onore o dignità. Chi perde non vale niente, non merita attenzione, non ha diritto a spazio o menzione; è un perdente e per un perdente non esiste sconfitta addolcita “dall’ onore delle armi”. Nessuno è disposto a convincersi che si apprende più da una sconfitta che da un successo. Da qui a ricorrere a strumenti surrogatori delle abilità individuali o di gruppo, il passo è breve. Il ricorso a strade che allevino la fatica, la scelta cosciente di mezzi illegali, diventano sempre più giustificati e giustificabili, perché i soli a garantire il successo.

L’escalation non ha più freni: dalla vile scorrettezza all’assunzione sconsiderata di doping la distanza è minima. Nessuno è più disposto a giocare ruoli secondari; ognuno deve essere vincente, furbo, smaliziato fino alla slealtà. Gli esempi positivi che, sempre con minor frequenza si oppongono a questa interpretazione, non godono del favore di stampa e televisione, anzi, vengono sistematicamente ignorati. Non fanno notizia, accelerando così il processo di degrado a danno dei giovani, portati per natura all’emulazione degli adulti. La scuola, gli educatori, ma soprattutto la società sono impegnati a invertire questa pericolosa deriva se si vuole sperare in prospettive più serene e credere in un futuro di valori condivisi. Cominciamo con le Olimpiadi per lanciare segnali positivi, importanti per la credibilità di tutto il movimento sportivo. C’è da augurarsi che sia davvero una svolta di trasparenza per lo sport… e che prevalga lo spirito decubertiano, che ha permeato, sin dall’inizio, i cosiddetti Giochi Olimpici dell’era moderna: Nello sport l’importante non è vincere, ma partecipare. Nella vita non è essenziale la vittoria, ma combattere bene …

Ossia, non bisogna puntare alla vittoria a tutti i costi, anche se è sportivamente giusto che i migliori si impongano, ma a dare il proprio meglio nella competizione, rendendo così, con l’aver ben combattuto, onore e merito a tutti i partecipanti.
Citius!, Altius!, Fortius! che significa più veloce, più in alto, più forte.

Giocondo Talamonti

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