La ménte non mente, il ventre sì

la mente

2 … con grande attenzione ho posto a confronto gli uomini virtuosi ed i viziosi, e ho ritenuto di dovere rappresentare in un’opera scritta i comportamenti che gli uni e gli altri hanno nella vita. 3 E così ti esporrò, categoria per categoria, quanti generi di caratteri si ritrovino negli uomini ed in qual modo essi regolino la loro condotta di vita. Ed invero, o Policle, io penso che i nostri figliuoli diverranno migliori, se ad essi saranno lasciate rassegne di tal genere: utilizzandole come termini di riferimento, essi sceglieranno di avere consuetudine di vita e pratica con gli uomini più rispettabili, perché non siano da meno di loro.

Teofrasto, Caratteri, Proemio.

Già Aristotele (o forse un discepolo della scuola peripatetica da lui fondata) scriveva, nel trattato etico Περὶ Ἀρετῶν καὶ Κακιῶν -Intorno alle virtù e ai vizi- che è più difficile perseguire la virtù che seguire il vizio poiché la virtù si nutre di senso di responsabilità, senso del dovere, rigore, comportamento equilibrato, buon senso, ragione, princìpi universali, mentre il vizio è indipendente da volontà e coscienza, segue alcuni istinti immaturi, non governati, è scriteriato, sballato, sproporzionato, folle, inconsapevole. È la millenaria disfida tra ménte e ventre, tra razionale e irrazionale, tra visto e fantasticato, in definitiva, tra l’uomo libero e il cultore di privilegi. Gran parte della politica di tutti i tempi ondeggia tra queste due sponde, quasi dicotomiche.

Si segue la ménte nei periodi sereni, quando le cose vanno bene, quando ci si immerge in incontri culturali e in conferenze, si leggono libri, si ascolta musica -classica in particolare-, si entra nei Musei e si frequentano luoghi d’arte. Quando vince la ménte, la politica è cultura, teorema, progetto per il futuro. Invece, nei periodi duri, quando nere nubi s’addensano e incombono, quando ci sono problemi quasi insolubili per campare, o, come adesso, per non morire di covid, o per malesseri derivanti da problemi di rilevanza mondiale, allora si fa largo il ventre, fanno breccia le parole d’ordine meschine, esplode il razzismo, si semina odio contro tutti, in particolare verso chi è diverso, pensato come altro da te.

31. Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36. nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38. Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39. E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.

Chi fa il ruffiano con le proprie presunte divinità, messeri o madonne che siano, dimentica che il suo dio ha sempre imposto l’altro come prima di te. Ecco allora che, se si rifiuta l’altro, sgranare rosari val quanto una volgarissima bestemmia. Ma in periodi di crisi la buona parola non conta più, viene stuprata. Ricorda anche il Belli, “Fo er socialista quanno sto a diggiuno/ma quanno magno so’ conservatore!”. Nel nostro caso: Mi rivolgo alla religione quando mi serve, quando mi fa comodo, purtroppo anche e soprattutto al servizio della partitica più becera, quando uzzoli di casta o di gruppetto, sono diffusi e propalati come assoluti e generali.

Chi ci parla con vera competenza dell’epidemia, chi ci mette in guardia? Ce ne parlano gli studiosi, gli specialisti, quelli che hanno dedicato la loro vita, i loro studi, il loro sapere, all’analisi, alla prevenzione, alla cura di malattie generate da accidenti di sorta, da batteri, da virus. Sono celebrati con nomi quali: virologi, infettivologi, epidemiologi, specialisti ed anche, in genere, scienziati, ricercatori, primari, medici, infermieri. Persone che hanno dedicato l’intera vita al servizio dell’umanità intera, ivi compresa la marmaglia degli idioti che rifiutano la mascherina. Siamo di fronte a persone in grado, nella loro fastosa vita, di usare molto bene la ménte. Chi sono invece questi geni che si fanno chiamare negazionisti, terrapiattisti, populisti, sovranisti, ridicolisti? Nel loro ammasso non troviamo le qualità culturali e sociali delle persone sopra elencate. Troveremo allora di meglio, si dirà? Si tratta cioè di studiosi che sanno dimostrare minuziosamente ogni loro più piccola affermazione? Sono, forse, quelli del: “Se so dimostrare, parlo, altrimenti rimango muto!”?. Nient’affatto. Troviamo analfabeti e gente senz’arte né parte, insieme a critici d’arte e a militari; troviamo politicanti da strapazzo e capobanda animaleschi che santificano, ululando come belve: “Me ne frego, il mio spirito è forte e il virus entra solo nel corpo dei deboli”, “Ce l’ho duro”… ed animalità simili. Sono, soprattutto, spregevoli stupratori delle smisurate sofferenze degli altri, milioni di altri! Sono quelli che in un Paese serio avrebbero già avuto una sonora lezione, quella che si affligge a chi inganna gli altri, conducendo una parte del popolo a fare del male alla parte rimanente! E così, grazie anche alla politica di nazioni in cui c’è la fissa della immunità di gregge, muoiano cioè i deboli e gli altri sopravvivano, stiamo assistendo a vere e proprie stragi. Fin quando si darà spazio pubblico a questi propalatori di robe da ventre, imbecilli che contagiano altri imbecilli, non saremo una nazione seria, ma quella che viene così rappresentata e bollata da tutte le statistiche mondiali attestanti capacità critica e di comprensione (dei testi, come, ovviamente, della introspezione politica): ultimi nell’elenco delle nazioni civilizzate, ultimi in quello delle nazioni in via di sviluppo, in fondo alla graduatoria delle nazioni sottosviluppate. Ite, Italia est!

Giampiero Raspetti

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