LA DENATALITÀ

COME TORNARE A SPERARE IN UN FUTURO?

Lo scorso aprile l’Italia è finita su diversi giornali stranieri per le nascite arrivate al minimo storico. Nulla di nuovo fin qui. Il fenomeno era conosciuto da tempo. Sono anni che se ne discute, ma poco è stato fatto. In Italia nel 2022 il numero più basso di bimbi nati, appena 1,24 figli per donna (dato ISTAT), mentre nel 1964 si contavano un milione di nascite e le cose in questi due anni non sono certo migliorate.

Non è stato un crollo improvviso, il calo era iniziato già negli anni ‘70. Anche la fecondità ha toccato il minimo storico nel 1995, risalita di poco fino al 2008, per poi riprendere la discesa. Se la situazione si protrae, la futura generazione tra 20 anni sarà ancora meno numerosa. Il problema è diventato strutturale, siamo progressivamente entrati in un circolo vizioso.

I comportamenti delle generazioni sono fortemente cambiati. Nel tempo si è ridotto il numero di donne che hanno avuto 3 o più figli e anche di quelle che ne hanno avuti 2 o 1. Questo è avvenuto parallelamente alla posticipazione della maternità. La nascita del primo figlio viene rinviata a causa dell’uscita ritardata dei giovani dalla famiglia di origine come conseguenza delle crisi economiche che nel 2009, nel 2013 e nel 2020 hanno colpito soprattutto i giovani. Spesso il rinvio si traduce in rinuncia vera e propria e non sempre
per libera scelta. In questo concorrono anche, oltre ad ostacoli biologici, difficoltà nel trovare lavoro stabile garanzia indispensabile per dare al nucleo familiare un tenore di vita dignitoso, incertezza del futuro.
In controtendenza continuano ad aumentare le nascite fuori dal matrimonio, come conseguenza delle libere unioni e di un nuovo modo di viverle.

Ma torniamo su un punto che ritengo importante : la donna. Sì proprio la donna! E’ lei che assicura il prolungamento della specie contribuendo alla crescita demografica. A questo punto è doveroso e assolutamente legittimo porsi alcune domande: perché nel nostro paese una donna deve pagare lei il prezzo dell’interruzione del lavoro se ha un figlio? Come fa a progettare una maternità se è precaria lei o il suo compagno? Perché deve essere messa nella condizione di scegliere tra carriera e maternità? Perché nel nostro paese non si
è fatto come nei paesi nordici, tipo la Svezia, dove fin dagli anni ‘50 si sono attuate politiche di condivisione delle responsabilità familiari con l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro? Dove sono i congedi di paternità come si deve?

Rispondere in modo adeguato a questi interrogativi apparentemente semplici e scontati, sarebbe già un incentivo iimportante per di arrestare il fenomeno della denatalità e invertire la tendenza negativa finora registrata. Siamo purtroppo in un paese dove le donne hanno difficoltà di trovare un lavoro, anche se lo vorrebbero o, se lo trovano, sono per lo più precarie o a part time o addirittura irregolari.

In una simile situazione è indubbiamente difficile fare progetti per “metter su famiglia” e per avere il figlio che si desidera. Sarebbe opportuno che la classe politica prendesse in seria considerazione tale problematica, con adeguati provvedimenti e assumendo la parità di genere come priorità irrimandabile. Questo secondo il mio modesto parere è il nodo fondamentale della questione.Se non si agirà in merito avremo un paese sempre più invecchiato.

Di qui il commento di Elon Musk “l’ Italia sta scomparendo”, ma risuonano ancora più sferzanti le parole di papa Francesco all’Angelus di Natale in cui denuncia: “l’inverno demografico italiano va contro le nostre famiglie, la nostra patria e il nostro futuro”.

Pierluigi Seri