Incontinenza urinaria: cos’è e come si cura.

incontinenza

L’International Continence Society definisce incontinenza urinaria qualsiasi perdita di urina avvenuta involontariamente nel corso della propria vita (I.C.S.2002).

Si stima che solo in Italia ne soffrano almeno 2 milioni di donne, con incidenza maggiore attorno ai 65 anni, ma presente anche in donne più giovani. Esistono differenti tipi di incontinenza urinaria: l’incontinenza urinaria da stress (che si manifesta conseguentemente a uno sforzo eseguito dalla donna, come la risata, il colpo di tosse, lo starnuto, il sollevamento di un peso, il salto, etc…) è la forma più diffusa, tanto che la metà delle donne affette lamenta questa forma. L’incontinenza urinaria da urgenza, invece, si manifesta come la perdita di urina accompagnata o immediatamente preceduta dallo stimolo a fare pipì (la classica sensazione di dover correre in bagno per urinare). Nel 32% dei casi totali queste due forme compaiono assieme, definendo l’incontinenza urinaria mista.

La diffusione del problema è allarmante, soprattutto tenendo conto delle importanti restrizioni che comporta per la vita delle donne, compromettendo la loro serenità e impedendo di trascorrere normalmente le proprie giornate: interferisce negativamente con l’autostima, con la libertà, con i rapporti sociali e col partner.

Cosa è possibile fare?
Sicuramente è importante chiedere aiuto ai primi segnali: nessuna perdita involontaria di urina dovrebbe essere trascurata. L’International Continence Society raccomanda come primo approccio quello educativo, rieducativo e riabilitativo, ponendo la riabilitazione del pavimento pelvico al primo posto nel management del trattamento dell’incontinenza urinaria. Questa prevede l’educazione della paziente ai corretti stili di vita, la rieducazione vescicale e il miglioramento della performance muscolare, in termini di coordinazione, rapidità di reclutamento, capacità di tenuta e forza.

Quanto tempo occorre per risolvere il problema?
Le sedute sono variabili, ma generalmente i risultati sperati iniziano a manifestarsi già ai primi incontri. Quando il trattamento conservativo non procura i miglioramenti sperati nell’arco di 8-12 settimane, potrà essere preso in considerazione il trattamento chirurgico di II livello.

Dr.ssa Jessica Li Gobbi
Ostetrica, specialista in Riabilitazione del Pavimento Pelvico

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