DIAGNOSI PRENATALE, INVASIVA E NON INVASIVA

DIAGNOSI PRENATALE

Al giorno d’oggi la diagnosi prenatale prevede diverse opzioni: una diagnosi invasiva (amniocentesi e villocentesi) che ci può dare la certezza del cariotipo fetale, ma è gravata da un rischio d’aborto, e una diagnosi non invasiva (duo test e translucenza nucale) priva di rischi per il feto e per la mamma, che stima un rischio di anomalia cromosomica, ma non è affidabile al 100%.

Il DUO TEST o BI TEST necessita di un unico prelievo di sangue e può essere effettuato già a partire dalla 10a settimana di gravidanza. Consiste nella misurazione della concentrazione nel sangue materno di due ormoni, la frazione beta della gonadotropina corionica umana e la PAPP-A, o proteina A plasmatica associata alla gravidanza. I due test combinati (chiamati Test combinato del primo trimestre) consentono di individuare 82 feti portatori di alterazioni cromosomiche su 100, con il 5% di falsi positivi.

Questo test viene di norma associato alla misurazione della TRANSLUCENZA NUCALE, un esame ecografico, non invasivo e del tutto innocuo per il nascituro, che consiste nella misurazione dello spessore del tessuto sottocutaneo che si trova sulla nuca del feto, ovvero lo spazio compreso tra la cute e la colonna vertebrale. Quanto più spessa è la translucenza nucale (che in media a questa età gestazionale è di 2,5 millimetri, mentre nei feti portatori di sindrome di Down è sensibilmente maggiore) tanto maggiore è la probabilità che il nascituro sia affetto dal disturbo. Questo esame permette di stimare con buona approssimazione il rischio che il piccolo sia affetto da una delle due più diffuse alterazioni cromosomiche: la sindrome di Down e la trisomia 18. Poiché riesce a identificare 6-7 bambini affetti da malattia cromosomica su 10, non dà certezze assolute.

L’AMNIOCENTESI, infine, è una tecnica invasiva di diagnosi prenatale che consente di effettuare un prelievo di liquido amniotico dalla cavità uterina inserendo un ago sotto guida ecografica attraverso l’addome materno. Questo liquido contiene in sospensione alcune cellule fetali: gli amniociti, cellule epiteliali che, poste in un appropriato terreno di coltura, vengono fatte crescere in vitro e poi studiate nel loro assetto cromosomico o nel loro DNA.

L’amniocentesi viene eseguita  per valutare l’assetto cromosomico fetale mediante l’analisi del cariotipo tradizionale, al fine di evidenziare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche, tra le più frequenti ricordiamo la trisomia 21 o Sindrome di Down, ma anche aneuploidie a carico dei cromosomi 18, 13, X, Y.

Il periodo ideale per eseguire l’amniocentesi è tra la 16° e la 18° settimana. Il rischio di aborto connesso all’amniocentesi si aggira intorno allo 0.2-0.5 %. Di tale percentuale si deve tener conto quando si valuta il rischio-beneficio della procedura diagnostica.
È bene che l’amniocentesi sia eseguita da uno specialista con specifica esperienza.

DR.SSA GIUSI PORCARO
Specialista in Ginecologia ed Ostetricia
USL UMBRIA 2 – Consultorio Familiare di Orvieto
STUDIO MEDICO ANTEO – Via Radice 19 – Terni (0744- 300789)
COMEDICA – Via Gabelletta, 147 – Terni (0744 241 390)

LaTuaGinecologa

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