CAMILLO PAVANELLO

UN TERNANO ALLE OLIMPIADI DI PARIGI DEL 1900

La folla ondeggiò impaurita, i colpi di revolver risuonarono secchi e violenti la sera del 29 luglio 1900 a Monza. «Maestà siete ferito?» chiede il generale Avogadro di Quinto. «Non credo sia niente» mormora sofferente Re Umberto I, prima di morire.

L’attentatore, l’anarchico Gaetano Bresci, immediatamente arrestato, fu condannato all’ergastolo per regicidio. Il lutto nazionale, per la morte improvvisa del Sovrano, interruppe ogni festeggiamento, privando così dei meritati onori sportivi Camillo Pavanello, unico ginnasta italiano di ritorno dalle Olimpiadi di Parigi del 1900. Il giovane atleta della Società Ginnastica Sampierdarenese di Genova, nato a Terni il 20 ottobre 1879, aveva iniziato giovanissimo l’attività sportiva. Trasferitosi in Liguria per motivi di lavoro, venne assunto come operaio alle acciaierie Ansaldo di Cornigliano. Il duro lavoro in fabbrica non gli fece venir meno la passione, continuando a praticare con successo la ginnastica, tanto da indurre l’allora presidente della sua Società, ad iscriverlo al concorso internazionale di ginnastica artistica in calendario a Parigi, spalancandogli le porte dei Giochi Olimpici.

Poco prima della partenza la Federazione Nazionale di Ginnastica ritirò l’iscrizione della squadra azzurra, non ritenendo affidabile l’organizzazione delle gare.
Disobbedendo alla Federazione la Sampierdarenese, a sue spese, fece partecipare il giovane atleta. Pavanello fu così l’unico ginnasta italiano a raggiungere Parigi, consapevole della composizione di una giuria internazionale, composta da trenta componenti francesi e diciotto stranieri, di cui nessuno italiano.
Eseguì correttamente gli esercizi previsti, arrivando primo al corpo libero e cadendo alle parallele. Ai primi ventisette posti si classificarono tutti atleti francesi, Pavanello giunse ventottesimo, primo fra gli stranieri.
Pur ottenendo un risultato agonisticamente modesto, la coraggiosa e solitaria partecipazione ai secondi Giochi Olimpici dell’era moderna lo collocava comunque nell’olimpo dei grandi atleti italiani. Per quell’impresa ricevette una corona di alloro, una medaglia d’oro, una targhetta di platino e due ceramiche di Sèvres. La Federazione si rifiutò di considerare la gara come espressione dell’Olimpiade, sostenendo l’impossibilità di stabilire con precisione quali fossero le gare attribuibili al programma “olimpico”, vista la concomitanza con le manifestazioni sportive tenute nello stesso periodo a Parigi, svolte a corollario dell’Esposizione Universale. Poche gare ricevettero l’etichetta di “competizione olimpica”. Sul piano sportivo l’Olimpiade di Parigi del 1900 fu un mezzo fallimento.
Pierre de Coubertin commentò: “Un miracolo che il movimento olimpico sia sopravvissuto a questo disastro”.

La confusione fu talmente tanta che l’americana Margaret Abbott, vincitrice nel torneo di golf femminile, fino alla sua morte nel 1955, non seppe mai di aver vinto un titolo olimpico. Non si conosce il nome del timoniere che vinse con i canottieri francesi François Antoine Brandt e Roelof Klein l’oro nel “due con”: pare fosse un ragazzino di 10 anni, scelto perché pesava solamente 33 chili.

Per quanto riguarda Camillo Pavanello dovettero trascorrere cinquanta anni di amara sofferenza personale, prima che il Comitato Internazionale Olimpico riconoscesse il Concorso parigino del 1900 come parte integrante della seconda Olimpiade moderna.
Il Coni nello stesso anno confermò a Pavanello il titolo di Olimpionico d’Italia. A ricordarlo ancora oggi, nell’antica società ginnica di Sampierdarena, restano coppe, trofei ed un piccolo quaderno contenente ritagli di giornale, a testimonianza della grandezza sportiva di questo atleta ternano, divenuto un caro figlio di Genova.

(tratto da il libro “Tra la strada e la luna”)

Stefano Lupi

 

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