Andavamo a fare una vascata

Terni-corso

“Andiamo a fare una vascata”: questo era il modo di dire tutto ternano dei giovani

– non so se l’espressione sopravvive ancora oggi – che si incontravano il pomeriggio e percorrevano corso Tacito in su e giù paragonandolo alle vasche della piscina. La strada era il luogo di aggregazione dei ragazzi che ridendo, chiacchierando e spesso sproloquiando, scherzando, litigando, a coppie o in gruppo, animavano con il loro vociare il centro cittadino.

Gli anziani e i vecchi in genere si incontravano in piazza tutti fermi a la “sperella” (altro termine tipicamente ternano per dire “al sole”) o seduti sulle panchine di marmo. Loro non avevano le stesse energie per percorrere corso Tacito e lì, come nelle antiche agorà o nel foro, discutevano di politica, di sport, ricordavano la guerra, la fame, il lavoro e intanto osservano i giovani con un misto di ammirazione e di invidia, molto spesso criticando il loro abbigliamento, i capelli, i loro discorsi ritenuti “vuoti”.
Nei tempi passati non c’erano i telefonini e quindi c’era un tacito appuntamento di incontrarsi al Corso, senza un’ora certa, tanto prima o poi, a forza di fare su e giù ci si vedeva.

La vascata avveniva di pomeriggio, mai dopo cena se non il sabato e generalmente era riservata al sesso maschile perché le ragazze non potevano uscire.
Era un ritrovarsi in piazza o per strada e, per meglio dire, un andare in piazza per ritrovarsi, per scambiare parole, sentimenti, esperienze, opinioni, disagi, paure, risate, confessioni, progetti.
Sì perché la strada e la piazza sono da sempre luogo di incontri, sono un momento di collettività urbana e fin dall’antichità hanno svolto un ruolo sociale e culturale notevole in quanto luogo di aggregazione e di confronto.

E oggi?
Oggi c’è lo stesso innato e insostituibile desiderio di aggregazione.
Certamente sopravvive l’abitudine di incontrarsi non solo in corso Tacito, ma in altre strade, in altri luoghi (discoteche, pub, bar, centri sportivi). È la cosiddetta movida, un termine mutuato dall’esperienza spagnola degli anni Settanta riferibile a un movimento socio-culturale- artistico e oggi usato per definire la vita notturna delle nostre città all’insegna del divertimento e dell’animazione: gruppi di ragazzi, anzi moltitudini di ragazzi, sciamano da un bar a un pub a una discoteca.

In questo periodo così inatteso e così stressante di pandemia da covid, la strada e la piazza sono luoghi deserti. Se a questo si aggiunge anche la sospensione degli incontri a scuola, i giovani soprattutto sono caduti in una specie di crisi di astinenza.

A consolarli c’è oggi un’altra grande grandissima piazza, un’altra lunghissima strada o un altro immenso luogo di incontro: sono gli ambienti digitali dove i giovani si incontrano, parlano, discutono, socializzano, si innamorano e si lasciano, si scambiano opinioni, si difendono dalla solitudine e dalla timidezza o si rendono protagonisti di iniziative confrontandosi senza riserve o remore. I social network sono divenuti spesso una specie di surrogato delle piazze assumendone i caratteri e le funzioni.

Ma non basta: c’è sempre bisogno di un contatto fisico, di guardarsi negli occhi e captare ciò che uno schermo non può dare, di camminare insieme, di sedersi sulle sedie di un bar o sulle panchine o sulle scalinate o sui bordi dei marciapiedi.
Quando tutto sarà finito, torneremo a fare una vascata a corso Tacito, a ripopolare le piazze oggi ridotte a meri spazi vuoti o a fare gli assembramenti per le vie del centro davanti ai pub. L’uomo è un animale sociale e ha bisogno di restituire fisicità alle relazioni.

Loretta Santini

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